Corte di Cassazione – Sentenza 05 novembre 2013, n. 24775
La Corte di Cassazione ha ribadito quanto già affermato dalle Sezioni Unite, cioè il principio che in materia di assistenza alle persone handicappate, alla luce di una interpretazione dell’art. 33, comma 5, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, orientata dalla complessiva considerazione dei principi e dei valori costituzionali coinvolti (come delineati, in particolare, dalla Corte Costituzionale con le sentenze n. 406 del 1992 e n. 325 del 1996), il diritto del genitore o del familiare lavoratore, con rapporto di lavoro pubblico o privato, che assista con continuità un parente od un affine entro il terzo grado handicappato, di non essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede, se, da un lato, non può subire limitazioni in caso di mobilità connessa ad ordinarie esigenze tecnico produttive dell’azienda o della P.A., non è invece, attuabile ove sia accertata – in base ad una verifica rigorosa anche in sede giurisdizionale – l’incompatibilità della permanenza del lavoratore nella sede di lavoro (Cass. Sez. Un. 9 luglio 2009 n. 16102).