Corte di Cassazione, sentenza del 11/11/2013, n. 25311
La garanzia, prevista dall’art. 7, primo comma, della legge 20 maggio 1970, n. 300, di pubblicità del codice disciplinare mediante affissione in luogo accessibile a tutti, non trova applicazione – per le sanzioni disciplinari, anche conservative – in tutti i casi nei quali il comportamento sanzionato sia immediatamente percepibile dal lavoratore come illecito, perché contrario al c.d. minimo etico, ai doveri fondamentali connessi al rapporto di lavoro ovvero all’inserimento del lavoratore nella struttura e nell’organizzazione dell’impresa del datore di lavoro ovvero a norma di rilevanza penale (Cass. 27 gennaio 2011, n. 1926; Cass. 29 maggio 2013, n. 13414; Cass. 14 settembre 2009, n. 19770; Cass. 18 settembre 2009, n. 20270; Cass. 2 settembre 2004, n. 17763; Cass. 9 agosto 2001 n. 10997; 16 maggio 2001 n. 6737; 10 novembre 2000 n. 14615);
L’obbligo di rendere la prestazione rientra tra i doveri fondamentali (e non accessori) del lavoratore in aderenza del dettato legislativo (art. 2104 c.c.) e della logica comune ne consegue che, ai fini della legittimità del licenziamento disciplinare intimato per assenza ingiustificata dal lavoro (nella specie pari a tre giornate, a fronte della mancata determinazione, da parte del CCNL, del periodo di assenza rilevante ai suddetti fini), è conforme alla consolidata giurisprudenza della Corte di cassazione la statuizione della sentenza di merito secondo cui non è necessaria, per la suddetta infrazione, l’affissione del codice disciplinare, trattandosi di una condotta sanzionata direttamente dalla legge, così come è corretta la statuizione secondo cui, nella suindicata ipotesi, non occorre accertare se l’assenza del lavoratore abbia o meno nuociuto all’organizzazione aziendale, considerato che l’esistenza di un danno non è elemento costitutivo della fattispecie di inadempimento che legittima il licenziamento (Cass. 14 maggio 2002, n. 6974; Cass. 23 giugno 2000 n. 8553; Cass. 3 marzo 2000 n. 2404).