In mancanza (o insufficienza) di consenso informato il trattamento sanitario è sicuramente illecito, anche se nell’interesse del paziente; l’onere della prova è a carico del medico

Corte di Cassazione, sezione terza, sentenza n. 19213 del 29 settembre 2015

In mancanza di consenso informato l’intervento del medico è – al di fuori dei casi di trattamento sanitario per legge s obbligatorio o in cui ricorra uno stato di necessità- sicuramente illecito, anche quando sia nell’interesse del paziente ( v. Cass., 8/10/2008, n. 24791 ), costituendo l’obbligo del consenso informato legittimazione e fondamento del trattamento sanitario ( v. Cass., 16/10/2007, n. 21748 ). Trattasi di obbligo che attiene all’informazione circa le prevedibili conseguenze del trattamento cui il paziente viene sottoposto, al fine di porlo in condizione di consapevolmente consentirvi. A tale stregua, l’informazione deve in particolare attenere al possibile verificarsi, in conseguenza dell’esecuzione del trattamento stesso (cfr. Cass., 13/4/2007, n. 8826; Cass., 30/7/2004, n. 14638), dei rischi di un esito negativo dell’intervento ( v. Cass., 12/7/1999, n. 7345 ) e di un aggravamento delle condizioni di salute del paziente ( v. Cass., 14/3/2006, n. 5444 ), ma anche di un possibile esito di mera “inalterazione” delle medesime ( e cioè del mancato miglioramento costituente oggetto della prestazione cui il medico-specialista è tenuto, e che il paziente può legittimamente attendersi quale normale esito della diligente esecuzione della convenuta prestazione professionale ), e pertanto della relativa sostanziale inutilità, con tutte le conseguenze di carattere fisico e psicologico ( spese, sofferenze patite, conseguenze psicologiche dovute alla persistenza della patologia e alla prospettiva di subire una nuova operazione, ecc. ) che ne derivano per il paziente ( cfr. Cass., 13/4/2007, n. 8826 ). Il medico ha dunque il dovere di informare il paziente in ordine alla natura dell’intervento, alla portata dei possibili e probabili risultati conseguibili nonché delle implicazioni verificabili ( v. Cass., 13/2/2015, n. 2854 ). Al riguardo questa Corte ha avuto modo di precisare che il consenso informato va acquisito anche qualora la probabilità di verificazione dell’evento sia così scarsa da essere prossima al fortuito o, al contrario, sia così alta da renderne certo il suo accadimento, poiché la valutazione dei rischi appartiene al solo titolare del diritto esposto e il professionista o la struttura sanitaria non possono omettere di fornirgli tutte le dovute informazioni ( v. Cass., 19/9/2014, n. 19731 ). Ai sensi dell’art. 32, 2 ° co., Cost. (in base al quale nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge ), dell’art. 13 Cost. ( che garantisce l’inviolabilità della libertà personale con riferimento anche alla libertà di salvaguardia della propria salute e della propria integrità fisica ) e dell’art. 33 L. n. 833 del 1978 (che esclude la possibilità di accertamenti e di trattamenti sanitari contro la volontà del paziente, se questo è in grado di prestarlo e non ricorrono i presupposti dello stato di necessità ex art. 54 c.p.), tale obbligo è a carico del sanitario, il quale, una volta richiesto dal paziente dell’esecuzione di un determinato trattamento, decide in piena autonomia secondo la lex artis di accogliere la richiesta e di darvi corso. Il consenso libero e informato, che è volto a garantire la libertà dell’individuo e costituisce un mezzo per il perseguimento dei suoi migliori interessi consentendogli di scegliere tra le diverse possibilità di trattamento medico o anche di rifiutare (in tutte le fasi della vita, anche in quella terminale) la terapia e di decidere consapevolmente di interromperla ( v. Cass., 16/10/2007, n. 21748), salvo che ricorra uno stato di necessità non può mai essere presunto o tacito, ma deve essere fornito espressamente, dopo avere ricevuto un’adeguata informazione, anch’essa esplicita. Presuntiva può essere invece la prova che un consenso informato sia stato dato effettivamente ed in modo esplicito, ed il relativo onere ricade sul medico (Cass., 27/11/2012, n. 20984). A tale stregua, a fronte dell’allegazione di inadempimento da parte del paziente è onere del medico provare l’adempimento dell’obbligazione di fornirgli un’informazione completa ed effettiva sul trattamento sanitario e sulle sue conseguenze (v. Cass., 9/2/2010, n. 2847), senza che sia dato presumere il rilascio del consenso informato sulla base delle qualità personali del paziente, potendo esse incidere unicamente sulle modalità dell’informazione, la quale deve sostanziarsi in spiegazioni dettagliate ed adeguate al livello culturale del paziente, con l’adozione di un linguaggio che tenga conto del suo particolare stato soggettivo e del grado delle conoscenze specifiche di cui dispone ( v. Cass., 20/8/2013, n. 19920 ). , Va al riguardo ulteriormente posto in rilievo come il medico • venga in effetti meno all’obbligo di fornire un valido ed esaustivo consenso informato al paziente non solo quando omette del tutto di riferirgli della natura della cura prospettata, dei relativi rischi e delle possibilità di successo, ma anche quando acquisisca con modalità improprie il consenso dal paziente. Si è da questa Corte ritenuto ad esempio inidoneo un consenso ottenuto mediante la sottoposizione alla sottoscrizione del paziente di un modulo del tutto generico, non essendo a tale stregua possibile desumere con certezza che il medesimo abbia ricevuto le informazioni del caso in modo esaustivo ( v. Cass., 8/10/2008, n. 24791 ).
consenso informato e risarcimento Cass19213_29092015

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