Il medico in pronta disponibilità non può sindacare se vi è urgenza o meno, ma deve recarsi in ospedale. In mancanza è rifiuto in atti d’ufficio.

Corte di Cassazione, sez. 6 Penale, sentenza n. 45928/2015, dep . 20 novembre 2015

Il servizio di pronta disponibilità, previsto dal d.P.R. 25 giugno 1983 n. 348, è finalizzato infatti ad assicurare una più efficace assistenza sanitaria nelle strutture ospedaliere ed in tal senso è integrativo e non sostitutivo del turno cosiddetto di guardia, con la conseguenza che esso presuppone, da un lato, la concreta e permanente reperibilità del sanitario e, dall’altro, l’immediato intervento del medico presso il reparto entro i tempi tecnici concordati e prefissati, una volta che dalla Sede ospedaliera ne sia stata comunque sollecitata la presenza. Su questi presupposti, concretandosi l’atto dovuto nell’obbligo di assicurare l’intervento nel luogo di cura, il sanitario non può sottrarsi alla chiamata deducendo che, secondo il proprio giudizio tecnico, non sussisterebbero i presupposti dell’invocata emergenza (Sez. 6, n. 5465 del 18/03/1986 – dep. 12/06/1986, Badessa, Rv. 173105).
In tale tipologia di servizio non viene in considerazione la discrezionalità del medico di turno di stabilire se recarsi o meno in ospedale, in considerazione dell’urgenza della disamina del caso o di un intervento chirurgico della paziente, ma il dovere di presentarsi in ospedale proprio per formulare la diagnosi o, comunque, accertare le reali condizioni della paziente una volta che il servizio sia stato richiesto dalla struttura ospedaliera.
Il medico in servizio di reperibilità, chiamato dal collega già presente in ospedale che ne sollecita la presenza in relazione ad una ravvisata urgenza, non può sindacare “a distanza” la valutazione del sanitario e sottrarsi alla chiamata deducendo che, secondo il proprio giudizio tecnico, non sussisterebbero i presupposti dell’invocata emergenza, ma deve recarsi subito in reparto e visitare il malato. L’urgenza ed il relativo obbligo di recarsi subito in ospedale per sottoporre a visita il soggetto infermo vengono a configurarsi in termini formali, senza possibilità di sindacato a distanza da parte del chiamato.
Ne consegue che il rifiuto penalmente rilevante ai sensi dell’art. 328, comma 1 cod. pen, si consuma con la violazione del suddetto obbligo e la responsabilità non è tecnicamente connessa all’effettiva ricorrenza della prospettata necessità ed urgenza dell’intervento del medico (Sez. 6, n. 12376 del 13/02/2013 – dep. 15/03/2013, Da Col, Rv. 255391).
rifiuto atti ufficio pronta disponibilità CassPen45928_2015

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