Nell’attribuzione di nuove mansioni, pur nella formale equivalenza, deve essere sempre salvaguardata la professionalità acquisita dal lavoratore. E’ preclusa l’indiscriminata fungiblità di mansioni

Corte di Cassazione, sez. L, sentenza n. 4211 del 3 marzo 2016

Già, le Sezioni unite con la sentenza n. 25033/2006 hanno ritenuto, altresì, che la garanzia prevista dall’art. 2103 cod. civ. opera anche tra mansioni appartenenti alla medesima qualifica prevista dalla contrattazione collettiva, precludendo l’indiscriminata fungibilità di mansioni per il solo fatto dell’accorpamento convenzionale; conseguentemente, il lavoratore addetto a determinate mansioni – che il datare di lavoro è tenuto a comunicargli ex art. 96 disp. att. c.c. nell’esercizio del suo potere conformativo delle iniziali mansioni alla qualifica -, non può essere assegnato a mansioni nuove e diverse che compromettano la professionalità raggiunta, ancorché rientranti nella medesima qualifica contrattuale. Cfr. pure Cass. lav. n. 25897 del 10/12/2009, secondo cui il principio di tutela della professionalità acquisita, che resta impregiudicato pur in presenza di un accorpamento convenzionale delle mansioni, precludendo la disciplina legale di carattere inderogabile dell’art. 2103, primo comma, cod. civ. la previsione di una indiscriminata fungibilità delle mansioni per il solo fatto di tale accorpamento, impone al giudice di merito di accertare, alla stregua di tutte le circostanze ritualmente allegate e acquisite al processo, le esigenze di salvaguardia della professionalità raggiunta prospettate dal lavoratore, sulla base dei percorsi di accrescimento professionale dallo stesso evidenziati e, segnatamente, di individuare, alla luce della sua “storia professionale”, quali fossero le mansioni di riferimento per verificare l’osservanza dell’art. 2103, indipendentemente altresì dall’obbligo assunto dal dipendente, al momento dell’avviamento al lavoro, di svolgere tutte le mansioni inerenti alla qualifica di inquadramento. V. ancora Cass. lav. n. 4989 del 04/03/2014, secondo cui il divieto di variazione peggiorativa, di cui all’art. 2103 cod. civ., comporta che al prestatore di lavoro non possano essere affidate, anche se soltanto secondo un criterio di equivalenza formale, mansioni sostanzialmente inferiori a quelle in precedenza disimpegnate, dovendo il giudice di merito accertare, in concreto, se le nuove mansioni siano aderenti alla competenza professionale specifica del dipendente, salvaguardandone il livello professionale acquisito, e garantiscano, al contempo, lo svolgimento e l’accrescimento delle sue capacità professionali
mobbing demansionamento professionalità acquisita Cass4211_03032016

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