La pubblica amministrazione può ritirare un atto che attribuisce un trattamento economico illegittimo, anche se è un atto contrattuale e non un atto amministrativo.

Corte di Cassazione, sez. L, sentenza n. 16088 del 3 agosto 2016

La Pubblica amministrazione, nell’ambito dei rapporti di lavoro pubblico contrattualizzato, non può agire con gli istituti dell’autotutela, non potendo trovare applicazione, peraltro in mancanza di provvedimenti autoritativi, la legge n. 241 del 1990. Tuttavia, l’adozione da parte della Pubblica amministrazione, nella gestione del rapporto di lavoro pubblico contrattualizzato, di un atto negoziale di diritto privato, con il quale venga attribuito al lavoratore un determinato trattamento economico (nella specie indennità di coordinamento, che ha fondamento contrattuale), non è sufficiente, di per sé, a costituire una posizione giuridica soggettiva in capo al lavoratore medesimo, che osti al ritiro dell’atto. Ed infatti, poiché la misura economica trova fondamento nella contrattazione collettiva, la stessa si stabilizza in capo al lavoratore in ragione della conformità a quest’ultima, diversamente incorrendo la clausola negoziale nel vizio di nullità per contrarietà a norme imperative (cfr., Cass., S.U., n. 21744 del 2009), cui l’Amministrazione può porre rimedio mediante il ritiro dell’atto, in ragione del principio di buon andamento dell’amministrazione. Pertanto, la natura privatistica della delibera in questione, non esclude, come ha statuito erroneamente la Corte d’Appello, che l’Amministrazione, avendo esercitato la facoltà attribuitagli dalla contrattazione collettiva al di fuori delle condizioni da quest’ultima previste, intervenga sulla precedente deliberazione, ritirandola.
la sentenza

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