TAR Lazio, sentenza n. 8755 del 28 luglio 2016
L’interesse perseguito da una senatrice questore è certamente meritevole di tutela, in quanto personale e concreto, non emulativo né riconducibile a mera curiosità, né finalizzato ad un generale controllo di legalità sull’azione amministrativa, bensì strettamente legato alle sue funzioni istituzionali e orientato al sindacato ispettivo di cui la stessa è investita.
Invero, dalla lettura dei quotidiani è emerso che i delegati italiani “si sono accapigliati” per i doni dei sovrani sauditi, ovvero: i) cronografi dal valore di circa 3.000/4.000 euro; ii) Rolex da decine di migliaia di euro; emergerebbe l’ipotesi di una violazione delle regole di condotta da tenere nel corso di un cerimoniale e in particolare l’ordine delle precedenze da osservare tra le cariche pubbliche.
Poiché il regolamento del Senato attribuisce ai Questori il compito di sovrintendere al cerimoniale, l’odierna esponente ha un interesse diretto, concreto e attuale a richiedere l’accesso agli atti per verificare se nel caso in questione ci siano state effettivamente delle violazioni alle prescrizioni protocollari relative al cerimoniale.
D’altra parte, la possibilità per gli organi parlamentari di ricorrere a strumenti specifici d’indagine, peraltro attribuiti all’organo collegiale, non esclude la legittimazione del singolo al generale istituto dell’accesso, nel ricorso dei presupposti sopra precisati.
Sul punto, giova rammentare anche un precedente parere favorevole della Commissione per l’accesso (18 marzo 2014), formulato su un’analoga richiesta avanzata dalla medesima ricorrente nella sua funzione di Senatore Questore” e “rivolta ufficialmente all’amministrazione …. nell’esercizio dell’attività di sindacato ispettivo”.
Contrariamente a quanto ritenuto nell’odierno caso, la Commissione affermava l’applicabilità del “principio di cui all’art. 22, comma 5 della legge n. 241 del 1990, in forza del quale l’acquisizione dei documenti amministrativi da parte di soggetti pubblici, si informa al principio di leale cooperazione istituzionale” e che “Tale principio, naturalmente, va inteso come un’accessibilità maggiore rispetto a quella prevista dalla l. 241/1990”
la sentenza