Corte di Cassazione, sez. L, sentenza n. 996 del 17 gennaio 2017
Il diritto di critica deve rispettare il principio della continenza sostanziale (secondo cui i fatti narrati devono corrispondere a verità) e quello della continenza formale (secondo cui l’esposizione dei fatti deve avvenire misuratamente), precisandosi al riguardo che, nella valutazione del legittimo esercizio del diritto di critica, il requisito della continenza c.d. formale, comportante anche l’osservanza della correttezza e civiltà delle espressioni utilizzate, è attenuato dalla necessità, ad esso connaturata, di esprimere le proprie opinioni e la propria personale interpretazione dei fatti, anche con espressioni astrattamente offensive e soggettivamente sgradite alla persona cui sono riferite (cfr. in tali sensi Cass. 22/1/1996 n. 465 nonché Cass. 2/6/1997 n. 5947. Nell’ottica descritta, come ha puntualizzato la Corte è necessario andare alla ricerca di un bilanciamento dell’interesse che si assume leso con quello a che non siano introdotte limitazioni alla libera formazione del pensiero costituzionalmente garantito (cfr. in tali sensi Cass. 22/1/1996 n. 465). Per la natura dell’esame e delle indagini da effettuare, le conclusioni cui al loro esito perviene il giudice di merito non sono, infine, censurabili in Cassazione se sorrette da motivazione congrua, priva di salti logici, e rispettosa dei principi di continenza sostanziale e formale cui deve sottostare il diritto di critica. Orbene, nello specifico la Corte di merito si è attenuta ai suesposti principi procedendo ad una ricostruzione puntuale della condotta posta in essere dalla lavoratrice, e rimarcando come i fatti segnalati alla autorità giudiziaria riecheggiavano il contenuto di quelli già divulgati dalla stampa e discussi in sedi istituzionali, traducendosi nella istanza di vaglio di una condizione di massiccio ricorso della società agli ammortizzatori sociali, pure a fronte di un andamento estremamente positivo della attività produttiva aziendale. Il profilo contenutistico del diritto di critica esercitato, si palesava, quindi, coerente con i canoni sostanziali entro i quali tale diritto andava esplicato. La Corte di merito, peraltro, con accertamento esaustivo ed esente da critiche, non ha mancato di considerare che l’esposto sottoscritto dalla lavoratrice pur nell’asprezza di taluni passaggi, era stato stilato nel rispetto dei canoni di continenza formale, giacchè l’uso di termini quali illecito o truffa, era da ritenersi strettamente correlato a quei dati dei quali l’opinione pubblica era a conoscenza da tempo e compatibile con il contesto in cui era inserito, di una richiesta di intervento di tipo tecnico alle autorità competenti.
la sentenza