Corte di Cassazione, sez. L, sentenza n. 2829 del 2 febbraio 2017
L’art. 55 bis, co. 4, d. Igs. n. 165 del 2001, nella parte che qui interessa, stabilisce che “la decorrenza del termine per la conclusione del procedimento resta comunque fissata alla data di prima acquisizione della notizia dell’infrazione, anche se avvenuta da parte del responsabile della struttura in cui il dipendente lavora”. Nella specie la Corte territoriale ha plausibilmente escluso che il termine di decadenza per la conclusione del procedimento disciplinare potesse decorrere dalla notificazione di un decreto di perquisizione e sequestro che è atto diretto all’amministrazione al fine di notiziare la medesima dell’esecuzione del provvedimento nei suoi locali. Inoltre questa Corte (v. Cass. n. 24157 e n. 20733 del 2015) ha affermato che l’art. 55-bis al quarto comma, nella parte che riguarda l’avvenuta acquisizione della notizia dell’infrazione, si riferisce non a qualsiasi ufficio dell’amministrazione ma soltanto all’ufficio per i procedimenti disciplinari e/o del responsabile della struttura in cui il dipendente lavora. E’ stato osservato che il dato letterale richiama soltanto l’ufficio per i procedimenti disciplinari e il responsabile della struttura in cui il dipendente lavora ed è stato anche rilevato che la scansione del procedimento stesso richiede necessariamente un’individuazione certa ed oggettiva del dies a quo. Individuazione impossibile, ove si ritenesse di agganciarlo ad una qualsiasi notizia pervenuta a qualunque ufficio o persona dell’amministrazione, magari anche privi di veste formale e di protocollazione. La contraria opinione, inoltre, collide con la ratio della fissazione R.G. n. 17205/2015 d’un termine finale entro cui concludere il procedimento, che è quella di far sì che il dipendente non vi resti assoggettato per un tempo indefinito. Ciò significa che, se esigenze di certezza sono a base della tutela del dipendente, le medesime esigenze vanno rispettate, per irrinunciabile simmetria, anche avuto riguardo alla posizione dell’Amministrazione, il che non può avvenire se non individuando in modo certo ed oggettivamente verificabile il dies a quo da cui far decorrere il termine in discorso. Né va trascurato che il valore costituzionale di regole che assicurino il buon andamento della pubblica amministrazione (art. 97 Cost.) risulterebbe vulnerato da un’interpretazione che lasciasse nel vago il dies a quo del procedimento, rimettendolo, in ipotesi, anche a notizie informali o comunque pervenute ad uffici periferici di amministrazioni di grandi dimensioni. Più di recente (Cass. n. 17304 del 2016), ribadito l’indirizzo, si è aggiunta l’ulteriore considerazione che la conoscenza della notizia dei fatti disciplinarmente rilevanti, per essere correlata ad una serie di attività da realizzarsi dall’organo nella sua istituzionale consistenza, postula un’attività di ufficializzazione, anche attraverso un autonomo sistema di formale protocollazione, che è propria dell’Ufficio nel suo complesso, nella sua veste istituzionale, che prescinde dalle attività effettuate e/o ricevute dai singoli componenti dell’organo, sia esso individuale o collegiale, restando irrilevante la conoscenza acquisita non dall’Ufficio in sé ma dai suoi componenti.