Stop del Garante alla pubblicazione dei dati patrimoniali dei dirigenti sanitari

Garante per la protezione dei dati personali, Provvedimento del 30 marzo 2017
Il d.lgs. n. 33 del 2013, come novellato dal successivo d.lgs. n. 97 del 2016, ha esteso, attraverso l’inserimento di apposita previsione normativa all’interno dell’art. 14, l’obbligo di pubblicazione dei dati patrimoniali

ivi indicati, originariamente previsto per i soli organi di indirizzo politico, anche in capo ai titolari di incarichi dirigenziali pubblici; l’art. 41 del medesimo decreto – rubricato “Trasparenza del servizio sanitario nazionale” – pur essendo stato parzialmente modificato, continua tuttavia a rinviare, ai fini dell’individuazione dei dati oggetto dell’obbligo di pubblicazione previsto con riguardo alla dirigenza sanitaria, al solo art. 15 relativo ai compensi percepiti nello svolgimento di attività di collaborazione e consulenza, confermando, pertanto, con riferimento a tale categoria, un regime di trasparenza più limitato; l’Autorità Nazionale Anticorruzione (di seguito, ANAC), al fine di fornire indicazioni utili a garantire un’attuazione omogenea del testo novellato dell’art. 14, ha predisposto uno specifico schema di “Linee guida” all’interno delle quali ha prospettato, in via interpretativa, l’applicabilità dei medesimi obblighi di pubblicazione anche con riguardo ai dati patrimoniali dei dirigenti sanitari, ritenendo che il mancato esplicito richiamo al citato articolo 14 nell’ambito dell’art. 41 sia ascrivibile ad un mero difetto di coordinamento fra norme la cui “interpretazione letterale (…) comporterebbe ingiustificate disparità di trattamento tra la dirigenza sanitaria (…) e gli altri dirigenti pubblici”; il Garante, in occasione dello svolgimento della procedura di consultazione pubblica sul testo delle predette “Linee guida”, ha evidenziato, con nota del 16 gennaio 2017 indirizzata ad ANAC, le criticità insite nell’interpretazione normativa prospettata da quest’ultima, rilevando problemi di compatibilità con il regime di cui all’art. 19, comma 3, del Codice, che subordina la liceità della diffusione di dati personali da parte di soggetti pubblici all’esistenza di un’apposita norma di legge o di regolamento che autorizzi la relativa operazione di trattamento, e proponendo, al fine di superare le difficoltà evidenziate, una modifica del testo normativo; ANAC, facendo sostanzialmente proprie le criticità sollevate dal Garante, ha adottato, con delibera n. 1388 del 14 dicembre 2016 e depositata in data 2 febbraio 2017, un “Atto di segnalazione al Governo ed al Parlamento” – contenente la proposta di modifica dell’art. 14, comma 1, lett. d), dell’art. 41, comma 3, e dell’art. 47, comma 3, del d.lgs. n. 97 del 2016 – nel quale ha evidenziato espressamente che “la norma [ovvero l’art. 41, comma 3] non prevede per i dirigenti sanitari l’obbligo di fornire i dati riguardanti la situazione patrimoniale”, proponendo pertanto la sostituzione, all’interno del citato articolo, del richiamo all’art. 15 con un esplicito riferimento all’art. 14 e riconoscendo, in tal modo, l’inidoneità dell’attuale formulazione normativa a fondare in modo inequivoco l’obbligo di pubblicazione dei dati patrimoniali richiesti in capo alla dirigenza sanitaria; con successiva determinazione n. 241 dell’8 marzo 2017, ANAC, pur essendosi attivata al fine di promuovere la modifica del testo normativo riconosciuto lacunoso, ha tuttavia approvato la versione definitiva delle “Linee guida recanti indicazioni sull’attuazione dell’art. 14 del d.lgs. 33/2013”, confermando la contestata linea interpretativa.
Pertanto, allo stato attuale non possono dirsi venute meno, pur con l’approvazione del testo definitivo delle citate “Linee guida”, le criticità già evidenziate dal Garante – ed espressamente condivise anche da ANAC attraverso la segnalazione presentata al Parlamento – riguardo l’inesistenza di una specifica previsione normativa atta a fondare, con riferimento alla dirigenza sanitaria, l’obbligo di pubblicazione dei dati patrimoniali indicati nell’art. 14, comma 1, così come richiamato dal successivo comma 1-bis; in carenza del presupposto normativo di cui all’art. 19, comma 3, del Codice, l’eventuale diffusione da parte della resistente dei dati patrimoniali già comunicati dall’interessato determinerebbe di per sé un trattamento illecito, esponendo la stessa anche alla responsabilità amministrativa di cui all’art. 162, comma 2-bis, del Codice

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