Corte di Cassazione, ordinanza n. 10159 del 21 aprile 2017
Un dipendente quadro direttivo in una Banca ha impugnato il licenziamento in tronco intimatogli in data 18.2.2013, chiedendone la declaratoria di illegittimità per tardività
della contestazione e comunque per insussistenza dei fatti addebitati con lettera del giugno 2012 e risalenti al settembre -ottobre 2010.
I1 giudice della fase sommaria di primo grado, accertata l’illegittimità del licenziamento per tardività della contestazione, ordinava alla Banca la reintegrazione nel posto di lavoro, mentre il giudice dell’opposizione, confermata l’illegittimità del licenziamento, in parziale riforma dichiarava risolto il rapporto condannando la Banca al pagamento dell’indennità di cui all’art.18 comma 5°, così come riformato dalla legge n. 92/1012, giudicando il caso come rientrante nella previsione della “violazione procedurale”di cui al VI comma dell’art.18.
La Suprema Corte ha quindi rilevato che si profilano pertanto due orientamenti contrastanti: a) l’uno che ritiene che la tardività né della contestazione, né del licenziamento, collocandosi sul diverso piano di conformazione al principio generale di correttezza e buona fede nell’attuazione del rapporto di lavoro (Cass. 16 aprile 2007, n. 9071), non attinga sotto alcun profilo all’insussistenza del fatto contestato, comunque ricorrente nella sua essenza ontologica, indipendentemente dalla sua accezione in senso materiale (Cass. 6 novembre 2014, n. 23669), piuttosto che giuridica (Cass. 13 ottobre 2015, n. 20540); b) l’altro orientamento, cui può ricondursi la sentenza n.2513/2017, secondo cui la contestazione intempestiva, indipendentemente dalla sussistenza della condotta, ne dimostra l’irrilevanza ai fini della prosecuzione del rapporto, dove la valutazione di irrilevanza proviene dallo stesso datore di lavoro, il quale pur consapevole dell’illecito tenuto dal lavoratore , non ritiene necessario richiedere giustificazioni , manifestando la volontà di prosecuzione del rapporto , così dimostrando, per fatto concludente, la scarsa importanza dell’inadempimento ( art.1455 c.c.). Se una condotta ritenuta di scarsa rilevanza non può considerarsi inadempimento, la contestazione tardiva deve ritenersi irregolare non soltanto sotto il profilo procedimentale , ma anche sotto quello sostanziale, perché di fatto comporta un mutamento di valutazione di gravità della condotta da parte del datore di lavoro che ha subito tale condotta, in un momento successivo a quello in cui era stato invece manifestato un disinteresse per l’inadempimento ed un interesse invece alla prosecuzione del rapporto. Il Collegio ha ritenuto pertanto opportuno rimettere il ricorso al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle sezioni unite della Corte