Consiglio di Stato, sentenza n. 3415 del 11 luglio 2017
Il Collegio ritiene di poter fare applicazione del costante orientamento giurisprudenziale (ex multis, Cons. Stato, V, 19 settembre 2006, n. 5444) per cui “le situazioni di conflitto di interessi,
nell’ambito dell’ordinamento pubblicistico non sono tassative, ma possono essere rinvenute volta per volta, in relazione alla violazione dei principi di imparzialità e buon andamento sanciti dall’art. 97 Cost., quando esistano contrasto ed incompatibilità, anche solo potenziali, fra il soggetto e le funzioni che gli vengono attribuite”.
Per l’effetto, ogni situazione che determini un contrasto, anche solo potenziale, tra il soggetto e le funzioni attribuitegli, deve comunque ritenersi rilevante a tal fine: invero, secondo consolidata giurisprudenza, “ogni Pubblica Amministrazione deve conformare la propria immagine, prima ancora che la propria azione, al principio generale di imparzialità e di trasparenza ex art. 97 Cost. (Cons. Stato, sez. IV, 7 ottobre 1998, n. 1291; Cons. Giust. Amm. Sic., sez. giur., 26 aprile 1996, n. 83; Cons. Stato, sez. IV, 25 settembre 1995, n. 775), tanto che le regole sull’incompatibilità, oltre ad assicurare l’imparzialità dell’azione amministrativa, sono rivolte ad assicurare il prestigio della Pubblica Amministrazione ponendola al di sopra di ogni sospetto, indipendentemente dal fatto che la situazione incompatibile abbia in concreto creato o non un risultato illegittimo (Cons. Stato, sez. VI, 13 febbraio 2004, n. 563)”.
Ritiene il Collegio che in quest’ottica si collochi, senza soluzione di continuità, il principio adesso normativamente espresso dall’art. 42, comma 2 del d.lgs. n. 50 del 2016.
In effetti, le ipotesi ivi previste (in termini generali ed astratti) si riferiscono a situazioni in grado di compromettere, anche solo potenzialmente, l’imparzialità richiesta nell’esercizio del potere decisionale. La definizione normativa, del resto, appare coerente con lo ius receptum per cui le regole sull’incompatibilità, oltre ad assicurare l’imparzialità dell’azione amministrativa, sono rivolte ad assicurare il prestigio della pubblica amministrazione, ponendola al di sopra di ogni sospetto, indipendentemente dal fatto che la situazione incompatibile abbia in concreto creato o meno un risultato illegittimo (Cons. Stato, VI, 13 febbraio 2004, n. 563).
Nel caso di specie, come già evidenziato in relazione al primo motivo di appello di X s.p.a., i complessi rapporti personali e societari tra il broker incaricato di approntare i capitolati di gara con una delle offerenti, per il tramite dell’agente generale di quest’ultima, apparivano sicuramente idonei ad integrare, perlomeno, un astratto vulnus del prestigio dell’azione amministrativa, come in precedenza delineato.