Corte dei Conti, sezione giurisdizionale per la Regione Lombardia, sentenza n. 74 del 16 maggio 2017
Va rilevato che, sostanzialmente, il numero delle confezioni di farmaco prescritte con intervallo di tempo ravvicinato risulta determinato dalla necessità
di garantire agli assistiti con difficoltà di accesso in ambulatorio – pazienti con difficoltà a spostarsi o comunque l’opportunità durante il periodo di ferie di disporre di una scorta – la continuità delle terapie, non comportando una modifica della posologia farmacologica od un sovradosaggio nell’arco del tempo considerato .
In altri casi il medico ha riferito che la prescrizione di confezioni in quantità superiore a quanto indicato dal Ministero sul foglietto illustrativo è stata determinata dalla necessità di adeguare la terapia al rischio potenziale ed alla patologia del paziente, in particolare nel caso di coesistenza di ulteriori patologie, di complicazioni o di insufficienza della terapia standard, e nei casi in cui non fosse possibile associare altri farmaci. .
Altre due posizioni, caratterizzate da iperprescrizione, si riferiscono a due suore, entrambe della comunità del “Convento di Clausura delle Suore Clarisse”. In ogni caso, a fronte dello status particolare di tali pazienti in regime di clausura conventuale, delle difficoltà derivanti dall’utilizzo della prescrizione manuale (e non tramite computer) talora utilizzata presso il predetto Convento, e delle condizioni cliniche delle assistite, non si ravvisa dolo o colpa grave nelle suddette, ipotizzate iperprescrizioni, valutata, comunque, la obiettiva difficoltà di pianificazione del fabbisogno farmacologico nella particolare situazione di fatto relativa alle predette due specifiche posizioni, come peraltro motivatamente dedotto dal predetto sanitario.
Alla stregua di quanto appena esposto il Collegio ritiene dunque che la condotta del medico qui convenuto non risulti connotata né da dolo, né da quel grado di colpevolezza così intensa da qualificarsi come grave, necessaria per una affermazione di responsabilità in questa sede. Peraltro, in omaggio al principio sull’onere della prova, il medico, sia pure nella difficoltà di reperire documentazione a distanza di sei anni, ha dato motivata e congrua contezza delle strategie terapeutiche prescelte e dei criteri seguiti nei singoli casi per giungere a provare i fatti impeditivi e modificativi del diritto azionato, dimostrando che ricorrevano condizioni cliniche e terapeutiche particolari da imporre, laddove avvenute, ragionevoli deviazioni rispetto ai protocolli standard previsti dalla disciplina di settore.