Consiglio di Stato, sentenza n. 4079 del 21 agosto 2017
Un Comune ha disposto l’esclusione di X dalla procedura per avere egli contro il vero dichiarato l’insussistenza di condanne ostative
(fra cui condanne a pene detentive di qualunque entità per delitti contro il patrimonio, giusta le previsioni sui requisiti per l’iscrizione nel ruolo provinciale dei conducenti di veicoli o natanti adibiti ad autoservizi pubblici non di linea, di cui all’articolo 17, comma 3, lettera c) della legge regionale del Lazio 26 ottobre 1993, n. 58 – Disposizioni per l’esercizio del trasporto pubblico non di linea e norme concernenti il ruolo dei conducenti dei servizi pubblici di trasporto non di linea, di cui all’articolo 6 della legge 15 gennaio 1992, n. 21).
Nondimeno, avuto concreto riguardo alle particolari circostanze concretamente rilevanti, può ragionevolmente stimarsi che l’appellante poteva non pienamente essersi rappresentato l’obbligo che su di lui incombeva, con l’effetto senz’altro preclusivo della clausola della delibera: sicché l’affermazione che egli avesse reso sul punto una dichiarazione ‘falsa’, seppure non oggettivamente infondata, non poteva condurre a generare gli effetti soggettivi preclusivi contro cui egli agisce in giudizio.
A questi riguardi, infatti, è qui il caso di osservare:
– che la condanna penale riportata nel 1987 riguardava un reato minore contro il patrimonio (con condanna a due mesi di reclusione e duecentomila lire di multa – con pena sospesa -);
– che, al momento in cui l’appellante aveva presentato la sua domanda di partecipazione, il reato in parola risultava coperto da amnistia ai sensi del d.P.R. 12 aprile 1990, n. 75;
– che per quel reato pendeva un procedimento di riabilitazione, nella sussistenza dei relativi presupposti (il relativo provvedimento fu emesso in data 12 ottobre 2007, ossia appena due mesi dopo l’adozione da parte del Comune del provvedimento negativo impugnato in primo grado).
In definitiva, non pare si possa senz’altro affermare, per quanto in questa sede interessa, che l’appellante non versasse in scusabile errore; conseguentemente, non può ritenersi – contrariamente a quanto statuito dal Comune – che egli avesse consapevolmente e intenzionalmente reso una dichiarazione ‘falsa’.