Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale per la Regione Veneto, sentenza n. 99 del 30 agosto 2017
Un ufficio effettuava un’erronea liquidazione di una fattura del 29/01/2010, poichè invece di pagare lire 491.192, equivalenti ad euro 253,68, pagava euro euro 491.192.
In dettaglio: in data 10/02/2010 sulla fattura, riguardante l’acquisto di buste e cartoncini con l’intestazione dell’Ufficio Scolastico Regionale, veniva apposto dal Direttore Generale il “visto di regolarità” della fornitura e autorizzata l’emissione dell’ordinativo di pagamento per euro 253,68.
Dopo di che la fattura veniva consegnata all’Ufficio V – Risorse finanziarie – dell’Ufficio Scolastico Regionale, dove la sig.ra X travisava il valore curiosamente espresso ancora in lire e lo riportava in euro nel compilare l’ordine di accreditamento impartito dal Dirigente, e sfociato nell’emissione dell’ordinativo di pagamento.
L’ultimo ufficio, controllata la sottoscrizione di cui era munito il provvedimento finale costituito dall’ordine impartito, non si avvedeva a sua volta dell’errore commesso dalla X nell’indicazione dell’importo indebitamente liquidato, proseguiva l’iter procedurale di spesa utilizzando le “credenziali” di accesso delle colleghe in ferie, per inserire direttamente gli ordinativi di pagamento nella funzione SIDI-Contabilità speciale
A seguito dell’inserimento dell’ordine di pagare in contabilità speciale, la Sezione Ragioneria dell’Ufficio Scolastico Provinciale, visualizzando l’ordine inserito al SIDI ha provveduto a sottoporre l’atto alla firma del Direttore di Ragioneria e del Dirigente abilitato alla firma digitale dell’ordine contabile di pagamento tramite SIDI-Contabilità Speciale, senza però disporre della documentazione contabile giustificativa della spesa, inviata solo molto tempo dopo.
Un anno e nove mesi dopo il pagamento, in data 27/12/2011, l’ufficio si accorgeva dell’errore e chiedeva alla ditta la restituzione dell’importo erroneamente liquidato, la quale, tuttavia, pur dichiarandosi debitrice, in data 29/12/2011 comunicava l’impossibilità di restituire le somme indebitamente percepite a causa della precaria situazione finanziaria in cui versava.
Adito il Tribunale, in data 9/02/2012 era emesso decreto ingiuntivo a carico della ditta, ma la Banca rifiutava la restituzione della somma di euro 490.938,32, quale differenza dovuta tra la somma erogata (euro 491.192,00) e la somma effettivamente dovuta per l’acquisto di beni e servizi (euro 253,68).
L’ufficio quindi provvedeva all’iscrizione a ruolo e trasmissione all’agente di riscossione, che notificava la cartella esattoriale in data 18/04/2013 ed effettuava due procedure di pignoramento di crediti giudiziari nei confronti di due istituti di credito (notificate, rispettivamente, il 12/09/2014 ed il 25/11/2014) concluse infruttuosamente stante le dichiarazioni negative ai sensi dell’art. 547 c.p.c. rese dalle predette Banche terze pignorate.
In conclusione, Equitalia ha chiarito che: “La società non risulta essere intestataria di altri rapporti finanziari atti a formare oggetto di ulteriori azioni cautelari e/o esecutive da parte dello scrivente Agente della Riscossione”,
La Corte ha rilevato che è evidente che costituisca una prassi contra legem quella adottata dall’USR, con l’apparente motivazione di velocizzare la procedura, consistente, dunque, nel “saltare” la fase dell’invio o trasmissione, formale e tracciabile, dell’intera documentazione contabile di supporto dell’ordine di accreditamento in favore dei fornitori rilasciato dall’USR all’USP, prima fra tutti la fattura “passiva” emessa; non corredato nemmeno da un elenco dettagliato degli atti trasmessi (elementi documentali non rinvenuti nonostante le approfondite ricerche del D.G. incaricato) “a scapito della fase dei controlli precedenti alla firma elettronica del Dirigente sul portale SIDI-Contabilità speciale”.
La Corte dei Conti, condannando i convenuti, chiosava: “In conclusione, non sono tollerabili atteggiamenti dei pubblici dipendenti mediocri”