Corte di Cassazione Penale, sentenza n. 43112 dep 20 settembre 2017
La decisione della Corte EDU non richiede né lascia spazio per interventi residui del giudice italiano, differenti da quelli adottabili in questa sede ai sensi degli artt. 666 e 670 cod. proc. pen., occupandosi esaustivamente di tutti i profili censori sollevati da Contrada nel giudizio svoltosi in sede sovrannazionale, riguardanti, oltre alla violazione dell’art. 7 CEDU, la domanda di equa soddisfazione – di cui si è detto – e i danni patiti per effetto del processo conclusosi con la sentenza irrevocabile presupposta.
Occorre, pertanto, ribadire che la sentenza pronunziata dalla Corte EDU nel caso Contrada contro Italia non impone interventi in executivis differenti da quelli legittimati dalle disposizioni degli artt. 666 e 670 cod. proc. pen. Non sussistendo, del resto, alcun limite letterale o sistematico all’applicazione al caso in esame di detti poteri, gli artt. 666 e 670 cod. proc. pen. non possono che essere interpretati nel senso di consentire l’eliminazione degli effetti pregiudizievoli derivanti da una condanna emessa dal giudice italiano in violazione di una norma della Convenzione EDU, dovendosi ribadire che garante della legalità della sentenza in fase esecutiva è il giudice dell’esecuzione, cui compete, se necessario, di ricondurre la decisione censurata ai canoni della legittimità (Sez. U, n. 42858 del 29/05/2014, Gatto, cit.).
In conclusione, non resta che riconoscere che, a seguito della decisione emessa dalla Corte EDU il 14/04/2015, che ha dichiarato che la sentenza di condanna emessa nei confronti di Bruno Contrada dalla Corte di appello di Palermo il 25/02/2006, divenuta irrevocabile il 10/05/2007, violerebbe l’art. 7 CEDU, tale pronuncia non è suscettibile di ulteriore esecuzione e non è produttiva di ulteriori effetti penali.