Per danno erariale da prestazioni non autorizzate, il dies a quo della prescrizione è il giorno dell’introito, se non vi è una ulteriore condotta fraudolenta

Corte dei Conti, sezione giurisdizionale per l’Emilia Romagna, sentenza n. 189 del 27 settembre 2017

Il fatto dannoso contestato, costituito dall’omesso riversamento da parte della convenuta dei compensi percepiti per le prestazioni extra lavorative rese in carenza di preventiva e specifica autorizzazione, deve intendersi compiutamente verificato all’atto dell’introito delle somme alla medesima corrisposte dalle società private di assistenza domiciliare, non essendo d’altro canto ravvisabile alcun occultamento doloso delle attività extra lavorative prestate.
Infatti, secondo consolidata giurisprudenza contabile, perché si configuri tale occultamento non è sufficiente una condotta, anche dolosa, in violazione degli obblighi di servizio, ma è necessario un “quid pluris” consistente in “una condotta specifica, ingannatrice e fraudolenta, diretta intenzionalmente ad occultare l’esistenza del danno” (Sez. Emilia Romagna, n. 149/2017; Sez. I App., n. 393/2016).
D’altra parte, come osservato in giurisprudenza, “anche a voler ritenere l’omessa comunicazione comportamento omissivo idoneo a ‘occultare’ il danno”, è comunque necessario che “nel contesto comportamentale del soggetto agente si rinvengano elementi idonei a far ritenere l’intenzionalità del ‘silenzio’ e la sua preordinazione a nascondere il danno”, laddove il silenzio che fosse eventualmente ascrivibile a colpa, più o meno grave, dell’obbligato, non sarebbe “idoneo a determinare il ritardato esordio del termine prescrizionale previsto dall’art. 1, comma 2, della più volte citata Legge n. 20/1994” (Sez. Liguria n. 83/2015).
Ai fini dell’occultamento doloso occorre, dunque, una condotta ulteriore a quella causativa del danno, specificamente voluta e finalizzata alla dissimulazione del danno stesso; condotta che nella specie non risulta oggettivamente riscontrabile in atti, né la Procura attrice ha fornito prova al riguardo.
Ritiene pertanto il Collegio che il dies a quo del termine prescrizionale debba individuarsi con riguardo alla percezione, anno per anno, dei compensi per le prestazioni in discussione

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