Come si ricorderà, nel 2015 l’allora Presidente del Consiglio Matteo Renzi fu chiamato a rispondere, insieme ad altri, per un presunto danno erariale di euro 2.155.038,88, in qualità di Presidente della Provincia di Firenze di qualche anno prima.
In particolare si contestava una nomina di una persona nello staff del Presidente della Provincia senza aver partecipato ad un concorso e senza un adeguato titolo di studio, e venivano indicate “altre decine di persone parte degli staff del presidente, del vice presidente e di ciascun assessore”
La Corte dei Conti mandò assolto il presidente Renzi, con la seguente motivazione: anche se “ha indicato nominativamente i componenti della propria segreteria, […]; se è pur vero che il presidente Renzi ha preso visione dei relativi curricula, rendendolo ciò consapevole del livello culturale degli interessati; se è pur vero che i provvedimenti erano a firma del presidente della provincia; ciò nonostante, non può non considerarsi il fatto che l’istruttoria amministrativa, i pareri (ben quattro) resi nell’ambito dei procedimenti interessati e i relativi contratti sono stati curati dall’entourage amministrativo e dalla struttura amministrativa provinciale che hanno sottoposto all’organo politico una documentazione corredata da sufficienti, apparenti garanzie tanto da indurre ad una valutazione generale di legittimità dei provvedimenti in fase di perfezionamento. In ciò, invero, pur non ricorrendo gli estremi della cosiddetta “esimente politica”, questo Collegio ritiene di poter rilevare l’assenza dell’elemento psicologico sufficiente a incardinare la responsabilità amministrativa, in un procedimento amministrativo assistito da garanzie i cui eventuali vizi appaiono di difficile percezione da parte di un “non addetto ai lavori”
Altro caso: il Presidente di un’altra Provincia conferisce l’incarico di Direttore Generale ad una persona in pensione, fattispecie vietata.
La Corte dei Conti chiama in giudizio gli amministratori, e i relativi difensori eccepiscono che si tratta di un “non addetto ai lavori”, anche perchè le delibere erano corredate di tutti i pareri tecnici favorevoli necessari (come nel caso anzidetto).
La Corte dei Conti, stavolta, condanna gli amministratori sottolineando che:
“nessun pregio, infine, ha l’eccezione relativa a dimostrare, per alcuni convenuti, lo status di “ non addetto ai lavori”, […] i quali richiamano la sentenza della Sez. I centr. App., n.107/2015, dappoichè si tratta di un precedente rimasto isolato nella giurisprudenza.
E continua : ”Ha affermato, invero, la giurisprudenza contabile, con orientamento che si condivide, in quanto fondato in diritto: “Sussiste la responsabilità amministrativa degli amministratori e funzionari comunali che abbiano conferito illegittimamente un incarico…a nulla rilevando che il segretario comunale abbia espresso al riguardo il proprio parere di regolarità amministrativa e contabile “ ( Sez. giur. Calabria, 21.4.2011, n.282 ) e, inoltre, che gli amministratori, pur in presenza dei pareri di regolarità tecnico-contabile e di legittimità, nella assunzione di sclete politiche di gestione della cosa pubblica, hanno il preciso dovere di controllare prima di decidere ( in termini, Sez. II centr. App., 12.1.2006, n.19 ).