La revoca di una gara è possibile, ma all’impresa spetta l’indennizzo nella misura del danno emergente

CGARS, sentenza n. 479 del 7 novembre 2017

L’art.21 quinquies della L. n.241 del 1990 stabilisce:
– che se la revoca del provvedimento comporta pregiudizi in danno dei soggetti direttamente interessati, l’Amministrazione ha l’obbligo di provvedere al loro “indennizzo”;
– che ove la revoca di un atto amministrativo ad efficacia durevole o istantanea incida su rapporti negoziali, l’indennizzo liquidato dall’amministrazione agli interessati è parametrato al solo “danno emergente”;
– e che in sede di liquidazione dell’indennizzo occorre tener conto sia dell’eventuale conoscenza o conoscibilità, da parte dei contraenti, della contrarietà all’interesse pubblico dell’atto amministrativo oggetto di revoca; sia dell’eventuale concorso dei contraenti all’erronea valutazione della compatibilità di tale atto con l’interesse pubblico.
Trattasi, come dottrina e giurisprudenza non hanno mancato di precisare, di un caso di responsabilità oggettiva per fatto lecito (derivante, nella specie, da provvedimento legittimo).
Sicchè, posto che la revoca è stata disposta e che essa ha cagionato pregiudizio all’appellante, la quale ha affrontato spese di partecipazione alla gara, spese progettuale e spese connesse alla lunga negoziazione, non appare revocabile in dubbio che un qualche indennizzo le spetti.
Va al riguardo chiarito che nella fattispecie per cui è causa la contrarietà all’interesse pubblico è emersa solamente dopo l’entrata in vigore del PRGA e comunque nella fase finale del procedimento, sicchè non v’è ragione per estendere, a titolo di concorso colposo e per l’effetto di ridurre l’entità dell’indennizzo, la “responsabilità” per la erronea valutazione dell’interesse pubblico (o per il sopravvenuto mutamento di orientamento) anche all’appellante.
Quanto alla misura dell’indennizzo, il Collegio ritiene di conformarsi all’indirizzo giurisprudenziale prevalente (avallato dalla più parte della dottrina), secondo cui tale beneficio riparatorio è volto a coprire solamente il c.d. “danno emergente”; e cioè a reintegrare il destinatario del provvedimento di revoca (già beneficiario del provvedimento revocato) dei soli costi sopportati ai fini di negoziare con l’Amministrazione (dunque, nella fattispecie: le spese di partecipazione alla gara e di redazione del progetto) e per adempiere ad obblighi o oneri eventualmente legati alla fase precontrattuale.
Per la liquidazione del danno (e cioè per la specifica determinazione del ‘quantum debetur’), il Collegio ritiene opportuno far ricorso – in aderenza ad un consolidato orientamento giurisprudenziale (cfr, per tutte, C.S., V^, 8.11.2012 n.5686; e più recentemente C.G.A.R.S., 5.5.2016 n.132; C.S., III^, 2.2.2016 n.401; C.G.A.R.S., 5.5.2016 n.131; C.G.A.R.S., 8.2.2016 n.39) – al ‘metodo’ introdotto dall’art.34 del codice del processo amministrativo (come rielaborato ed adattato alle concrete necessità processuali dalla citata giurisprudenza), ordinando all’appellante di presentare all’Amministrazione entro sessanta giorni dalla comunicazione in via amministrativa (o dalla notifica ad istanza di parte, se precedente) della presente sentenza una nota delle spese e dei costi affrontati; ed all’Amministrazione di formulare, previa verifica della documentazione pervenutale ed entro sessanta giorni dall’avvenuta ricezione della stessa, una “proposta indennitaria” per i titoli precedentemente indicati (spese di partecipazione alla gara, spese progettuali e spese per eventuali oneri connessi alla fase precontrattuale).

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