Corte Costituzionale, sentenza n. 5 del 18 gennaio 2018
Non c’è alcun motivo specifico per dubitare che le risorse stanziate via via, nel tempo, coprissero l’offerta di questi trattamenti preventivi per tutta la popolazione: anzi, a quanto risulta dai dati dell’ISS (e anche da quelli presentati dalla Regione Veneto, per quanto la riguarda), in passato già si erano raggiunti in alcuni casi, con gli stessi mezzi, tassi di copertura anche superiori al 95 per cento. Si aggiunga che non da oggi i servizi vaccinali si rivolgono anche agli stranieri e includono iniziative di invito e richiamo degli interessati, come pure di verifica dei livelli di copertura. Con particolare riguardo all’esercizio 2017, poi, per effetto delle modifiche apportate in sede di conversione, non è obbligatoria la somministrazione di alcuna vaccinazione che non fosse almeno già offerta gratuitamente e attivamente a tutta la popolazione.
D’altra parte, la quantificazione dei maggiori oneri conseguenti all’applicazione delle nuove norme è oggettivamente difficile, tenuto conto del numero, della varietà e delle peculiarità dei fattori: primo fra tutti, il tasso di adempimento spontaneo (o, invertendo la prospettiva, l’eventuale permanenza di un certo tasso di assenteismo) da parte della popolazione. In questa situazione, anche a voler applicare canoni prudenziali, qualsiasi previsione presenterebbe margini di incertezza ineliminabili.
Pertanto – anche alla luce degli elementi argomentativi comunque presenti nella documentazione tecnica – questa Corte ritiene che la clausola di invarianza, nel breve periodo e tenuto conto della necessità dell’immediato intervento, non sia implausibile sì da incorrere in una violazione dell’art. 81, terzo comma, Cost.