Il danno all’immagine della P.A. è perseguibile per qualsiasi delitto commesso a danno della medesima, a prescindere se rientra o meno nel novero dei “reati contro la P.A.”

Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale Regionale per la Liguria, sentenza n. 16 del 25 gennaio 2018
Un poliziotto era convenuto davanti alla Corte dei Conti per rispondere di danno all’immagine della P.A., conseguentemente alla condanna irrevocabile inflittagli per il delitto di falsa testimonianza in relazione agli eventi del G8

La difesa eccepiva l’inammissibilità della domanda attorea, sulla base dell’esclusione del reato di falsa testimonianza dal novero dei delitti presupposto per considerare proponibile l’azione di danno all’immagine inferto alla Pubblica Amministrazione.
Circa l’ammissibilità della richiesta risarcitoria per danno all’immagine, invece, parte attorea ricordava la disciplina introdotta con il codice della giustizia contabile (d.lgs. 26 agosto 2016, n.174), che all’art. 4 comma 1 ha per l’appunto abrogato l’art. 7 della legge 27 marzo 2001, n.97, ma non la norma rinviante (il citato art. 17 comma 30 ter).

In forza dell’art. 4, ultimo comma, c.g.c., allorché disposizioni vigenti richiamano disposizione abrogate dal comma 1, il riferimento agli istituti previsti da quest’ultime si intende operato ai corrispondenti istituti codicistici.

Il rinvio quindi operato dall’art. 17 comma 30 ter all’abrogato art. 7 della legge 25 marzo 2001, n.97 non può che riferirsi all’art. 51 comma 7 del c.g.c. e, trattandosi di norma processuale applicabile ai giudizi in corso, a mente del citato art. 51 c.g.c., non può che trovare ingresso in tutti gli attuali processi per l’effetto dell’art. 2 comma 1 delle norme transitorie.
Quindi il danno all’immagine della Pubblica Amministrazione va ritenuto perseguibile qualora scaturisca da delitto commesso a danno della medesima, commesso da dipendente o amministratore condannato in sede penale con sentenza irrevocabile, a prescindere dall’inserimento del reato per cui si procede nel novero dei reati presupposto inseriti nel capo I, titolo II del libro II del codice penale (come prescriveva la norma abrogata).
Il Collegio ha quindi evidenziato che il richiamo compiuto dal comma 2 del citato art. 4 identifica la norma di riferimento, necessaria ad individuare il “corrispondente istituto” codicistico che subentra in luogo di quello abrogato (cfr. Sezione giur. Lombardia, sentenza n.201/2016).
Quindi, alla luce delle suesposte argomentazioni, il mutamento del quadro normativo di riferimento sulla questione dell’ammissibilità dell’azione erariale,ha indotto il Collegio a ritenere applicabile nel giudizio la normativa codicistica in tema di danno erariale e non già l’art. 17 comma 30 ter.
Nel merito,poi, ha ritenuto che la diffusione mediatica dei fatti delittuosi ascritti al convenuto ha concorso ad amplificare il nocumento alla reputazione dell’Amministrazione di Polizia e del Ministero dell’Interno, da intendersi quale pregiudizio morale lesivo del buon andamento e della reputazione pubblica dell’Amministrazione suscettibile di valutazione economica (cfr. su tutte, Corte conti, Sez. un. sent. n.10/2003 QM).
In conclusione, la Corte dei conti ha condannato il poliziotto che ha reso falsa testimonianza in riferimento agli eventi del G8, al pagamento della somma complessiva di euro 50.000.

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