Un dirigente era chiamato in giudizio perchè aveva assunto un dirigente in violazione dei limiti di finanza pubblica.
Ad avviso della Procura l’asserita nullità, per causa illecita (contrarietà a norme imperative), del contratto di lavoro stipulato dall’Amministrazione comunale, avrebbe reso ingiustificati tutti i pagamenti effettuati, non solo quelli dell’anno 2013, ma anche quelli dei successivi anni in cui era venuto meno il divieto di assunzione.
Ma il giudice contabile ha rigettato la tesi. Ha, infatti, escluso l’addebito per le annualità successive al 2013, ritenendo che, per gli anni 2014 e 2015, non essendo stato violato detto limite, non poteva configurarsi alcuna ipotesi di violazione del divieto di assunzione di personale. Al riguardo, si osserva che il danno erariale non può estendersi fino a comprendere anche il periodo in cui erano venuti meno i limiti per le nuove assunzioni, essendo stati rispettati nella fattispecie in esame, dal 2014 in poi, i parametri previsti dalle vigenti disposizioni in tema di contenimento della spesa pubblica. Questa interpretazione, nel senso della temporaneità del divieto di assunzione, trova conferma nelle pronunce giurisprudenziali richiamate dalla difesa (sentenza n. 2681/2013 della Sezione giurisdizionale della Corte dei conti per la Regione siciliana, confermata con sentenza n. 389/A/2014 di questa Sezione d’Appello, nonché Sezione III Centrale d’Appello sentenza n. 425/2016 e Sezione Lombardia sentenza n.177/2013), dalle quali può trarsi il principio secondo il quale il danno erariale va determinato per le spese erogate a titolo di retribuzione in vigenza del divieto di assunzione, dovendosi escludere l’addebito di responsabilità per la spesa di personale effettuata negli anni in cui nessun vincolo risultava violato.