Invero, il mero condivisibile ancoramento alle “prestazioni professionali tipiche di soggetti individuati o individuabili e che peraltro potrebbero essere acquisite attraverso il ricorso all’esterno dell’amministrazione” rischia di divenire criterio avente effetto potenzialmente espansivo della spesa tutte le volte in cui gli emolumenti economici accessori erogati ai dipendenti delle PA, pur possedendo i due indicati presupposti, non sono previsti da specifiche disposizioni di legge che individuino le risorse a cui devono essere imputati ed i limiti finanziari, complessivi ed individuali, da osservare. Le amministrazioni pubbliche, come noto, hanno all’interno del proprio organico plurimi profili professionali, quali medici, psicologi, veterinari, biologi, chimici, informatici, restauratori, etc. Per i compensi accessori ad ognuno di questi spettante potrebbe essere replicata l’esigenza di esclusione fondata sulla ricorrenza di prestazioni professionali tipiche erogate da soggetti predeterminati, che potrebbero essere acquisite attraverso il ricorso all’esterno. Inoltre, posto che la maggior parte delle funzioni o dei servizi erogati dagli enti pubblici sono legittimamente acquisibili dall’esterno nella ricorrenza dei presupposti prescritti dalla legge (artt. 6-bis e 7, comma 6, del d.lgs. n. 165 del 2016, nonché, ove si ricorra a società controllate, art. 3, commi 30 e seguenti, legge n. 244 del 2007), la legittimazione dell’eventuale esclusione dei compensi accessori erogati ai dipendenti interni collocati in settori o servizi passibili di esternalizzazione produrrebbe un conseguente incremento incontrollato della spesa (e il sostanziale venir meno dei limiti posti dalla norma generale di contenimento del complessivo trattamento economico accessorio).
Anche gli incarichi, amministrativi o tecnici, necessari alla programmazione, aggiudicazione, esecuzione e collaudo degli appalti pubblici sono affidabili (tutti, tranne quello di RUP) a professionisti esterni nella ricorrenza dei presupposti previsti dal codice dei contratti pubblici (cfr. artt. 23, 24, 31, commi 7, 8 e 11, e 102 comma 6, del d.lgs. n. 50 del 2016), ma il quid pluris che legittima l’erogazione, in caso di espletamento interno, di un incentivo ai dipendenti dell’amministrazione è la presenza di un’espressa previsione di legge, in assenza della quale, prima ancora della sottrazione ai vincoli di finanza pubblica, si porrebbe il problema della legittima attribuzione (in quanto il trattamento economico, fondamentale ed accessorio, dei dipendenti pubblici, deve trovare fondamento in norme di legge, del contratto collettivo nazionale o di quello decentrato di ente, cfr. artt. 2, 40 e 45 d.lgs. n. 165 del 2001).
Il mero ancoramento allo svolgimento di attività professionali che, ove richieste all’esterno, produrrebbero un aggravio di costi per l’ente pubblico, impedirebbe, inoltre, ove il principio giurisprudenziale fosse applicato alla lettera, di sottrarre al limite di finanza pubblica gli incentivi corrisposti al RUP. Quest’ultimo costituisce il funzionario intorno a cui ruota tutta la procedura di programmazione, aggiudicazione, esecuzione e collaudo degli appalti pubblici (cfr. artt. 31, 101 e 102 del d.lgs. n. 50 del 2016) ed è nominativamente indicato come uno dei legittimi percettori dell’incentivo (cfr. art. 113, commi 2 e 3, del d.lgs. n. 50 del 2016), come fra l’altro chiarito, nella vigenza della normativa precedente, sia dalla Sezione delle autonomie della Corte dei conti (cfr. deliberazione n. 18/2016/QMIG) che dalla giurisprudenza in materia di responsabilità (cfr. Sez. giur. Toscana, sentenza n.214/2017).
Sulla base di quanto esposto, considerato che la questione involge l’interesse non solo del Comune istante, ma di tutte le “amministrazioni aggiudicatrici” aventi natura di ente pubblico (ministeri, enti pubblici non economici, università, aziende sanitarie, etc.), la scrivente Sezione regionale di controllo ritiene opportuno deferire al Presidente della Corte dei conti la seguente questione interpretativa di massima di carattere generale: “se debbano essere considerati nel vincolo generale di finanza pubblica, posto al complessivo trattamento economico accessorio dei dipendenti degli enti pubblici dall’art. 23, comma 2, del d.lgs. n. 75 del 2017, gli incentivi disciplinati dall’art. 113 del d.lgs. 50 del 2016, aventi fonte in una disposizione di legge speciale, che individua le autonome risorse finanziarie a cui devono essere imputati, nonché gli specifici tetti, complessivi ed individuali, che devono essere osservati nell’erogazione”.