Consiglio di Stato, sentenza n. 722 del 5 febbraio 2018
Deve innanzitutto essere data continuità all’incontrastato indirizzo del Consiglio di Stato che circoscrive l’errore professionale di cui alla lettera f) dell’art. 38 D.Lgs. n. 163 del 2006 ai soli inadempimenti e condotte negligenti commessi nell’esecuzione di un contratto pubblico, e che per contro esclude dal campo applicativo della norma i fatti, anche illeciti, occorsi nella prodromica procedura di affidamento (da ultimo: Cons. Stato, V, 30 ottobre 2017, n. 4973, 15 giugno 2017, n. 2934; in precedenza: Cons. Stato, V, 4 agosto 2016, n. 3542, 25 febbraio 2016, n. 771, 21 luglio 2015, n. 3595, alcune delle quali richiamate dal CNS). Come specificato nei precedenti in questione, la delimitazione della fattispecie in esame alle sole condotte commesse nella fase di esecuzione di contratti pubblici si giustifica sulla base di ragioni di tipicità e tassatività della causa ostativa, e dunque per le correlate ragioni di certezza vantate dagli operatori economici in ordine ai presupposti che consentono loro di concorrere all’affidamento di commesse pubbliche (sulle esigenze di certezza nel settore dei contratti pubblici ed in particolare con riguardo alle cause di esclusione dalle relative procedure di affidamento si rinvia alla sentenza della Corte di giustizia dell’Unione Europea 2 giugno 2016, C-27/15). Nella medesima linea interpretativa, questo Consiglio di Stato ha escluso che gli estremi del grave errore professionale possano essere ricavati da procedimenti penali nei confronti di esponenti dell’impresa concorrente, per i rischi di sovrapposizione tra la causa ostativa di cui alla lettera f) dell’ art. 38 D.Lgs. n. 163 del 2006 con quella autonoma prevista dalla lettera c) della medesima disposizione e dunque anche in questo caso in violazione del principio di tassatività della cause di esclusione (Cons. Stato, VI, 2 gennaio 2017, n. 1). La giurisprudenza amministrativa ha inoltre precisato che la finalità dell’ipotesi contemplata dalla lettera f) è di consentire alla stazione appaltante di valutare la rilevanza del comportamento tenuto dall’impresa nell’esercizio della sua attività professionale in vista della corretta esecuzione dell’appalto da affidare; nell’ambito di questo indirizzo si precisa che il giudizio demandato all’amministrazione non ha carattere sanzionatorio ma fiduciario (ex multis Cons. Stato, IV, 11 luglio 2016, n. 3070; V, 13 luglio 2017, n. 3444, 20 febbraio 2017, n. 742, 11 aprile 2016, n. 1412, 18 giugno 2015, n. 3107, 15 giugno 2015, n. 2928, 23 marzo 2015, n. 1567, 3 dicembre 2014, n. 5973; VI, 1 settembre 2017, n. 4161). 5. Da ultimo – come sottolineato negli scritti conclusionali – questa Sezione ha escluso che ricorra il “grave errore professionale” previsto dall’ art. 38, lett. f), D.Lgs. n. 163 del 2006 l’illecito anticoncorrenziali (sentenza 17 aprile 2017, n. 3505). Nella medesima ottica del principio di determinatezza delle cause di esclusione da procedure di affidamento di contratti pubblici poc’anzi richiamato, in quest’ultimo precedente si è in particolare affermato che la disciplina di cui al previgente codice dei contratti pubblici “come pure (la) L. n. 287 del 1990 , con riguardo alle sanzioni pecuniarie irrogate dall’A.G.C.M., non prevede alcuna sanzione accessoria rilevante in termini di esclusione dalla gara”. Per le ragioni sinora esposte – e condivise da questo collegio – al principio in questione deve essere data continuità nel presente giudizio. 6. L’opposta tesi propugnata dall’originaria ricorrente T. e fatta invece propria dal giudice di primo grado conduce ad estendere il campo di applicazione della norma in esame ad ipotesi ad essa non riconducibili.