Corte dei Conti, sezione centrale d’Appello, sentenza n. 125 del 2 marzo 2018
L’adozione dell’impegno, quale accantonamento e destinazione di una somma per la realizzazione di una determinata iniziativa onerosa, risponde a criteri giuscontabilistici di carattere generale, volti ad assicurare la corretta gestione delle risorse pubbliche; si tratta di un atto non meramente formale, come sembra ritenere l’appellante, che ha opposto la generica capienza dei capitoli di bilancio, bensì necessario a garantire la copertura finanziaria della spesa secondo criteri di regolarità contabile (C. conti Sez. II, n. 127 del 15.04.2002) , la cui omissione configura la violazione di basilari doveri di servizio.
In tali premesse non rileva l’avvenuta adozione di una politica dei “tagli” sui capitoli di spesa per la fornitura di beni e servizi, che, al contrario, avrebbe dovuto indurre il dirigente a maggiore prudenza al fine di garantire i necessari mezzi finanziari per sostenere le spese.
Né induce a diverse valutazioni la situazione critica in cui il dirigente venne a trovarsi per effetto di provvedimenti (d.P.C.R. n. 72 del 28.12.2005) che lo privarono della titolarità del Settore unitario originario (amministrazione, contabilità e gestione del personale) e gli affidarono la responsabilità solo del settore amministrazione ed economato; si tratta di circostanza inconferente, poiché l’impegno contabile costituisce la prima fase del procedimento di spesa con la quale, a seguito di obbligazione giuridicamente perfezionata, vengono determinati la somma da pagare, il soggetto creditore e la ragione del credito e viene costituito il vincolo sulle previsioni di bilancio. Nel momento in cui il dirigente ha disposto, ordinando la prestazione, l’effettuazione della spesa, avrebbe dovuto attivarsi al fine di impegnare l’accertata disponibilità finanziaria.
E’ evidente che proprio detta omissione ha determinato il danno erariale per l’esborso delle somme a titolo di accessori e spese della procedura monitoria, tenuto conto che l’art. 41 cod. pen., secondo comma, attribuisce autonomo determinismo alla causa sopravvenuta, ove essa sia ex se idonea a produrre l’evento, ossia al fattore eccezionale, che, secondo la miglior scienza ed esperienza, non è conseguenza neppure probabile di quel tipo di condotta (Cass. pen. Sez. IV, n. 12224 del 19.06.2006; id. n. 5728 del 04.12. 2001).