I dipendenti di società private in-house non possono transitare “ex lege” negli enti pubblici


Corte Costituzionale, sentenza n. 40 del 2 marzo 2018

In relazione al principio del concorso (art. 97, quarto comma, Cost.) la Corte ha ripetutamente affermato che la selezione concorsuale costituisce la forma generale ed ordinaria di reclutamento per le amministrazioni pubbliche, quale strumento per assicurare efficienza, buon andamento ed imparzialità.
La necessità del concorso pubblico è stata ribadita con specifico riferimento a disposizioni legislative che prevedevano il passaggio automatico all’amministrazione pubblica di personale di società in house, ovvero di società o associazioni private; è stato altresì specificato che il trasferimento da una società partecipata dalla Regione alla Regione stessa o ad altro soggetto pubblico regionale si risolve in un privilegio indebito per i soggetti beneficiari di un siffatto meccanismo, in violazione dell’art. 97 Cost. (sentenze n. 7 del 2015, n. 134 del 2014, n. 227 del 2013, n. 62 del 2012, n. 310 e n. 299 del 2011, n. 267 del 2010, n. 363 e n. 205 del 2006).
Sulla base di tali principi, l’art. 6, comma 8, della legge reg. Sardegna n. 2 del 2007 – che stabilisce il passaggio di dipendenti da soggetti privati ad enti pubblici, senza il previo esperimento di un concorso pubblico e senza indicare le ragioni giustificatrici della deroga – risulta lesivo dell’art. 97, quarto comma, Cost.
La disposizione censurata consente infatti l’accesso dei dipendenti di due società private nei ruoli regionali, senza alcuna forma di selezione, neppure a concorsualità “attenuata”, e senza stabilire alcuna condizione in ordine alle modalità di assunzione di tali dipendenti.
D’altra parte, la deroga al principio del concorso non risulta giustificata dalla necessità di far fronte a peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico.
Va ribadito che «la facoltà del legislatore di introdurre deroghe al principio del concorso pubblico deve essere delimitata in modo rigoroso, potendo tali deroghe essere considerate legittime solo quando siano funzionali esse stesse al buon andamento dell’amministrazione e ove ricorrano peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico idonee a giustificarle» (sentenze n. 110 del 2017 e n. 90 del 2012; nello stesso senso, sentenze n. 7 del 2015, n. 134 del 2014, n. 217 e n. 51 del 2012, n. 310 del 2011, n. 150 e n. 9 del 2010, n. 293 e n. 215 del 2009, n. 363, n. 205 e n. 81 del 2006).
La disposizione censurata non fornisce indicazioni circa le condizioni di ammissibilità della deroga al principio del concorso pubblico. In base ad essa è irrilevante il modo in cui il personale delle due società private è stato reclutato, né vengono richieste specifiche modalità di inserimento nell’Agenzia regionale. Non è previsto alcun meccanismo di verifica dell’attività professionale svolta in precedenza, né sono stabiliti limiti percentuali all’assunzione in assenza di concorso (sentenze n. 167 del 2013, n. 51 del 2012, n. 108 del 2011 e n. 225 del 2010).
Infine, non è ravvisabile neppure il contesto di carattere eccezionale, o addirittura emergenziale, dedotto dalla difesa regionale, tenuto conto tra l’altro del distacco temporale tra l’epoca in cui sarebbero sorte le esigenze di dotazione di personale e quella dell’effettivo passaggio dei lavoratori nei ruoli regionali. È rilevante che, nella sua originaria versione, quella della legge reg. Sardegna n. 2 del 2007, la disposizione in esame prevedeva la selezione concorsuale, che è stata in seguito eliminata dalla legge regionale n. 3 del 2008, per essere poi sostituita ed integrata dalla legge reg. Sardegna n. 16 del 2011 con il richiamo alla disciplina stabilita dall’art. 2112 del codice civile per il trasferimento d’azienda.
La violazione della regola generale del concorso di cui all’art. 97 Cost. determina, altresì, il contrasto con gli altri parametri costituzionali evocati dal rimettente. In diretta attuazione degli artt. 3 e 51 Cost., è il concorso a consentire, infatti, ai cittadini di accedere ai pubblici uffici in condizioni di eguaglianza (sentenze n. 251 del 2017 e n. 37 del 2015).

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