Corte di Cassazione Penale, sentenza n. 6737 dep il 12 febbraio 2018
Quel che rileva è, indubbiamente, l’elemento soggettivo in materia di punibilità del soggetto imprenditore che omette il versamento delle ritenute fiscali, a causa di una crisi finanziaria e per far fronte ad improcrastinabili adempimenti verso altri creditori, quali i lavoratori dipendenti.
Non può non ricordarsi che per integrare il reato in questione è sufficiente il dolo generico (S.U. 28 marzo 2013 n.37425, ric. Favellato, cit., in motivazione; Cass. sez. 3, 26 maggio 2010 n. 25875, ric. Olivieri); quest’ultimo, tuttavia, proprio in quanto dolo non può essere scisso dalla consapevolezza della illiceità della condotta che viene investita dalla volontà. Nella motivazione, la recente Cass. sez. 3, 24 giugno 2014-25 febbraio 2015 n. 8352, ric. Schirosi, citata, ha ben focalizzato questo profilo, oltrepassando la restrittività di Cass. sez. 3, 26 maggio 2010 n. 25875, ric. Olivieri, appena citata – per cui il dolo sarebbe stato integrato dalla mera consapevolezza della condotta omissiva – tramite l’osservazione che nel reato de quo il dolo “è integrato dalla condotta omissiva attuata nella consapevolezza della sua illiceità, non richiedendo la norma anche un atteggiamento antidoveroso di volontario contrasto con il precetto violato”.
La piena consapevolezza della illiceità della condotta che si pone in essere non può, in effetti, mancare nei dolo in un reato come quello in esame, fattispecie propria di chi assume ex lege la funzione di sostituto d’imposta, funzione di assoluto rilievo nel sistema fiscale: e non a caso la sentenza Schirosi rafforza tale constatazione, a ben guardare, laddove poi osserva che “la scelta di non pagare prova il dolo”: il che significa che il dolo non viene integrato dall’omesso pagamento di per sè, ma da una scelta consapevole, appunto, della illiceità della condotta rappresentata dall’omesso pagamento.
La corte territoriale, invece, non ha considerato tale profilo, attestandosi su una “porzione” al negativo dell’elemento oggettivo del reato – la carenza di forza maggiore impeditiva della condotta – ovvero sulla prova, che ha reputato raggiunta nelle modalità sopra evidenziate, che sussisteva la liquidità per effettuare il versamento.
Avrebbe, invece, dovuto accertare in modo completo la fattispecie criminosa, ovvero anche in relazione all’elemento soggettivo, non potendo a priori escludere che la convinzione che i dipendenti necessitassero l’immediata corresponsione (non di somme di denaro di per sè, bensì) di “mezzi di sostentamento necessari” per loro e per le loro famiglie, se realmente fosse stata propria della imputata e se realmente l’avesse indotta a pagarli a costo di omettere il versamento delle ritenute, fosse stata nel caso concreto compatibile con il dolo del reato in questione, ovvero con una contestuale consapevolezza di illiceità.