Consiglio di Stato, sentenza n. 1915 del 27 marzo 2018
Come costantemente osservato dalla giurisprudenza, la dichiarata esistenza di precedenti condanne penali passate in giudicato non determina automaticamente la esclusione dalla gara, essendo invece imprescindibile una puntuale valutazione da parte della stazione appaltante proprio della gravità del reato e della sua influenza sulla moralità professionale: tale valutazione è affidata alla più ampia discrezionalità tecnico – amministrativa della stazione appaltante, non richiedendosi un particolare onere motivazionale, essendo sufficiente che la stazione appaltante abbia acquisito tutti i dati utili, seguendo lo schema tracciato dalla legge per la verifica del requisito della moralità professionale (Cons. Stato, sez. V, 7 giugno 2017, n. 2727; 25 febbraio 2015, n. 927).
La gravità del reato, cui si riferisce la condanna penale passata in giudicato dichiarata dal concorrente, deve essere valutata in relazione alla moralità professionale ed a tal fine assume importanza fondamentale l’oggetto stesso del contratto cui si riferisce la gara (cfr. per tutte Cons. Stato, VI, 4 giugno 2010 n. 3560).
In definitiva la valutazione non va effettuata in astratto e relativamente al titolo del reato, ma tenendo conto delle peculiarità del caso concreto, ivi compresi gli elementi tutti (soggettivi e oggettivi) della fattispecie che ha dato luogo al reato e dei fatti successivi, in relazione alla prestazione da affidare in gara.
Ciò posto con riferimento alla valutazione operata nel caso concreto dalla stazione appaltante si rileva che la non incidenza sulla moralità professionale delle dichiarate sentenze penali di condanne è stata ritenuta: a) in quanto «la maggioranza delle 34 condanne riguardano il reato di “omesso controllo” (punito, infatti, a titolo di colpa secondo l’art. 57 c.p.), ed una è relativa al reato di pubblicazione arbitraria degli atti di un procedimento penale ex art. 684 c.p.» ovvero illeciti che « non rientrano tra le fattispecie di reato in danno dello Stato tipizzate dall’art. 38, comma 1, lett. c), del D.lgs. n. 163/2006»; b) in quanto “i reati predetti rientrano nella categoria dei delitti contro l’onore non rientrano tra le fattispecie di reato in danno dello Stato tipizzate dall’art. 38 comma 1 lett. c) del D. Lgs. n. 163/06”, né “…risultano inclusi nell’elenco di quelli per i quali gli artt. 32 ter e quater c.p. prevedono la pena dell’incapacità a contrarre con la Pubblica Amministrazione”