Corte di Cassazione, sentenza n. 4841 del 1 marzo 2018
L’Agenzia delle Entrate” di Teramo notificava in data 11.1.2013 alla X s.r.l., quale obbligata in solido, ordinanza ingiunzione di pagamento della sanzione amministrativa di euro 140.544,00. Con processo verbale del 28.5.2008 si era contestato alla società ingiunta di aver nel corso dell’anno 2003 conferito, ai fini della gestione tecnica ed amministrativa del cantiere in Roma, , incarico professionale all’ingegner Y, dipendente del Ministero della Difesa, in assenza della prescritta autorizzazione dell’amministrazione pubblica di appartenenza in violazione dell’art. 53, 9° co., del dec. Igs. n. 165/2001 e di non aver comunicato all’amministrazione pubblica di appartenenza i compensi erogati all’incaricato in violazione dell’art. 53, 11° co., del medesimo D.Lgs.
La Corte osserva innanzitutto che il principio posto dall’art. 3 della legge n. 689/1981 (secondo il quale, per le violazioni amministrativamente sanzionate, è richiesta la coscienza e volontà della condotta attiva od omissiva, sia essa dolosa o colposa) è indiscutibilmente atto a configurare una presunzione di colpa in ordine al fatto vietato a carico di colui che lo abbia commesso, non essendo necessaria la concreta dimostrazione del dolo o della colpa in capo all’agente, sul quale grava, perciò, l’onere della dimostrazione di aver agito senza colpa (cfr. Cass. 12.5.2006, n. 11012).
Si osserva altresì che l’esimente della buona fede, intesa come errore sulla liceità del fatto (applicabile anche in tema di illecito amministrativo disciplinato dalla citata legge n. 689/1981), assume rilievo esclusivamente in presenza di elementi positivi idonei ad ingenerare, nell’autore della violazione, il convincimento della liceità del suo operato, purché siffatto errore sia incolpevole ed inevitabile, siccome cagionato da un elemento positivo, idoneo a determinarlo, estraneo alla condotta dell’agente e non ovviabile con ordinaria diligenza o prudenza (cfr. Cass. 12.5.2006, n. 11012).
Più esattamente la corte ha dato ragione di un articolato complesso di circostanze l’ingegner Y era stato indicato dall’amministratore del condominio di cui il professionista era già fiduciario, operava in uno studio privato ed aveva emesso fatture la cui progressione dava ragione di un flusso normale di clientela, aveva palesato pubblicamente ed agli organi di stampa l’incarico ricevuto, “aveva assicurato la propria presenza in cantiere con frequenza ed in orari incompatibili con l’espletamento di attività di pubblico dipendente” certamente idonee “a fondare una situazione di incolpevole apparenza”