Corte di Cassazione, sentenza n. 6889 del 20 marzo 2018
A norma dell’art. 7 della legge 20 maggio 1970 n. 300, la previa contestazione dell’addebito ha lo scopo di consentire al lavoratore la sua immediata difesa. La contestazione disciplinare deve delineare l’addebito così come individuato dal datore di lavoro e tracciare i contorni della condotta ritenuta disciplinarmente rilevante, in modo tale da perimetrare anche l’ambito dell’attività difensiva del lavoratore, salva la successiva verifica da parte del giudice dell’idoneità della condotta contestata a costituire giusta causa o giustificato motivo soggettivo di recesso. Devono dunque essere fornite le indicazioni necessarie ed essenziali per individuare, nella loro materialità, il fatto o i fatti nei quali il datore di lavoro abbia ravvisato infrazioni disciplinari o comunque violazioni dei doveri di cui agli artt. 2104 e 2105 cod. civ.. La contestazione inviata al lavoratore, pur senza essere analitica, deve contenere l’esposizione dei dati e degli aspetti essenziali del fatto materiale posto a base del licenziamento, restando la verifica della sussistenza del requisito anzidetto rimessa al giudice del merito, il cui apprezzamento, se congruamente e correttamente motivato, è incensurabile in sede di legittimità (vedi Cass. 8/4/2016 n. 6898, 12/01/2017 n. 619, ma già 05/08/2010 n. 18279 ed ivi ulteriori richiami).