Corte di Cassazione, sentenza n. 9339 del 16 aprile 2018
Le clausole della contrattazione collettiva che prevedono per specifiche inadempienze del lavoratore la sanzione del licenziamento per giusta causa o giustificato motivo soggettivo non esimono il giudice dall’obbligo di accertare in concreto la reale entità e gravità delle infrazioni addebitate al dipendente nonché il rapporto di proporzionalità tra sanzione e infrazione, tenendo conto delle circostanze del caso concreto e della portata soggettiva della condotta (così, tra le altre, Cass. n. 1604/1998);
Ciò posto, il giudice di appello, nel ritenere proporzionato il licenziamento intimato al lavoratore, ha omesso di considerare l’incidenza, sotto il profilo del principio di correttezza e buona fede nell’esecuzione del contratto, della condotta della datrice di lavoro; quest’ultima, infatti, ha, dapprima, omesso di fornire riscontro alla richiesta, inoltrata dal lavoratore in data 16.9.2015, di un periodo di ferie (rivelatosi coincidente con la durata dell’assenza, dal 28.9.2015 fino al 1.10.2015), e, successivamente, ha proceduto alla formulazione della contestazione proprio allo scadere dei tre giorni dall’inizio della assenza ingiustificata, senza far precedere la contestazione stessa – come la particolare situazione avrebbe plausibilmente richiesto – da alcun richiamo (anche volto a rendere edotto il lavoratore che la sua mancata presenza era da considerarsi ingiustificata, non potendo egli esser collocato in ferie per rilevanti esigenze aziendali da soddisfare senza indugio), sebbene la datrice medesima fosse a conoscenza del grave lutto da cui il lavoratore era stato pochissimi giorni prima (ossia in data 23.9.2015) colpito; pertanto il giudice di secondo grado ha emesso la propria decisione senza procedere alla valutazione della gravità del licenziamento in un necessario giudizio di comparazione delle reciproche condotte alla stregua dei canoni di correttezza e buona fede;