Nel caso di una risoluzione del contratto contestata giudizialmente, il fatto resta un presupposto rilevante ai fini dell’individuazione di un grave illecito professionale

TAR Campania, sentenza n. 2390 del 11 aprile 2018

Ha chiarito il Tar che ad essere dirimente della questione, attualmente oggetto di discussione in giurisprudenza (Cons. St., sez. V, 2 marzo 2018, n. 1299; id. 27 aprile 2017, n. 1955) è la portata meramente esemplificativa delle ipotesi di grave illecito professionale, contemplate nel secondo periodo della disposizione dell’art.80, comma 5, lettera c) del d.lgs. 18 aprile 2016 n. 50; ne consegue la piena autonomia della fattispecie contemplata nel periodo precedente, che, nell’assumere una portata generale, si affranca dai requisiti specifici richiamati nei predicati casi esemplificativi.  
Tuttavia, l’esistenza di una contestazione giudiziale della risoluzione non implica che la fattispecie concreta ricada esclusivamente nell’ipotesi esemplificativa, con applicazione del relativo regime operativo; difatti, il “fatto” in sé di inadempimento resta pur sempre un presupposto rilevante ai fini dell’individuazione di un grave illecito professionale, secondo l’ipotesi generale (Cons. St., sez. V, 2 marzo 2018, n. 1299); nel caso generale, la stazione appaltante non può avvalersi dell’effetto presuntivo assoluto di gravità derivante dalla sentenza pronunciata in giudizio, né, per converso, l’impresa può opporne la pendenza per porre nell’irrilevante giuridico il comportamento contrattuale indiziato.  
In altri termini, scomponendo la fattispecie concreta, ben può la stazione appaltante qualificare il fatto, inteso come comportamento contrattuale del concorrente, quale grave illecito professionale, dovendo tuttavia dimostrarne l’incidenza in punto di inaffidabilità, e quindi prescindendo dalla pendenza di un giudizio che viene a collocarsi all’esterno della fattispecie normativa utilizzata.   

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