Corte dei Conti, sezione giurisdizionale per la Regione Puglia, sentenza n. 286 del 11 aprile 2018
L’ultimo periodo del comma 12 dell’art. 6 del D.L. n. 78/2010 ha infatti, disposto che “A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto gli articoli 15 della legge 18 dicembre 1973, n. 836 e 8 della legge 26 luglio 1978, n. 417 e relative disposizioni di attuazione, non si applicano al personale contrattualizzato di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001 e cessano di avere effetto eventuali analoghe disposizioni contenute nei contratti collettivi”.
Tel disposizione è stata esaminata più volte dalle varie Sezioni regionali di controllo ed è stata oggetto anche di analisi interpretativa da parte delle Sezioni Riunite della Corte dei Conti.
Queste ultime già con deliberazione n. 8/CONTR/11 del 7.2.2011 hanno avuto modo di rilevare che “Anche nel sistema pregresso, l’uso del mezzo proprio da parte del dipendente pubblico presupponeva un’accurata valutazione dei benefici per l’ente (in merito, ad esempio al risparmio delle spese di pernottamento ove la località non potesse essere raggiunta nell’arco della giornata ovvero al costo del trasporto di documenti e materiali). Ritenere che l’autorizzazione all’uso del mezzo proprio legittimi comunque il dipendente a conseguire il rimborso delle spese sostenute per l’acquisto del carburante ovvero per il pagamento dei pedaggi autostradali equivarrebbe a neutralizzare l’intento di riduzione della spesa sotteso all’art. 6, comma 12 della legge n. 122 del 2010”. Richiamando, poi, quanto esposto nella circolare della Ragioneria Generale dello Stato del 22 ottobre 2010 n. 36, le Sezioni Riunite hanno chiarito che “Il dipendente che intenda avvalersi del mezzo proprio, al fine di rendere più agevole il proprio spostamento, potrà comunque conseguire l’autorizzazione da parte dell’amministrazione, con il limitato effetto di ottenere la copertura assicurativa dovuta in base alle vigenti disposizioni.
Le disposizioni interne delle singole amministrazioni potranno prevedere, in caso di autorizzazione all’uso del mezzo proprio, un indennizzo corrispondente alla somma che il dipendente avrebbe speso ove fosse ricorso ai trasporti pubblici, ove ciò determini un più efficace espletamento dell’attività, garantendo, ad esempio, un più rapido rientro in servizio, risparmi nel pernottamento, l’espletamento di un numero maggiore di interventi”.
Tali concetti sono stati ribaditi con la deliberazione n. 21/ CONTR/11 del 5 aprile 2011 che ha ritenuto “possibile il ricorso a regolamentazioni interne volte a disciplinare, per i soli casi in cui l’utilizzo del mezzo proprio risulti economicamente più conveniente per l’Amministrazione, forme di ristoro del dipendente dei costi dallo stesso sostenuti che, però, dovranno necessariamente tenere conto delle finalità di contenimento della spesa introdotte con la manovra estiva e degli oneri che in concreto avrebbe sostenuto l’Ente per le sole spese di trasporto in ipotesi di utilizzo dei mezzi pubblici di trasporto”.
Tenuto conto che tali decisioni delle Sezioni Riunite sono state emanate ben prima della determinazione contestata in questa sede appare evidente che la condotta del convenuto si connoti sotto il profilo soggettivo da evidente colpa grave per aver violato una disposizione di legge che aveva ricevuto un’autorevole interpretazione in senso recisamente contrario al rimborso del costo chilometrico per missioni dei dipendenti pubblici.
Ciò comporta che, esclusa la rimborsabilità del costo chilometrico, il danno patito dall’amministrazione possa essere quantificato, in riduzione rispetto alla spesa complessiva liquidata con la determinazione oggetto di contestazione, per tener conto di quanto la Provincia avrebbe dovuto rimborsare ai citati dipendenti del settore avvocatura, in riferimento alle missioni autorizzate (mediante sigla del dirigente), per il viaggio con mezzi di trasporto di linea.