Corte di Cassazione Penale, sentenza n. 19707 dep. 7 maggio 2018
Due fratelli, in qualità di medici di base convenzionati con il S.S.N., con artifici e raggiri di X consistiti nel dirottare sistematicamente i propri assistiti al fratello gemello Y, che effettuava visite mediche al posto del fratello e falsificava la firma sulle ricette di prescrizione riservate a X, con il nome di questo ed utilizzando il suo timbro, previo accordo con il predetto, inducendo in tal modo in errore la ASL di Lecco, e procurando così allo stesso X l’ingiusto profitto spettante dal servizio sanitario nazionale con pari danno economico per l’amministrazione pubblica.
La giurisprudenza di questa Corte di cassazione è costante nell’affermare che integra il reato di falso ideologico la condotta di due medici, uno dei quali, libero professionista, sostituisca l’altro, medico convenzionato con la ASL, in visite non comunicate all’Azienda, apponendo una sigla illeggibile su ricette e prescrizioni redatte con i ricettari e con l’uso di timbri fornitigli dal medico convenzionato, in modo tale da ingenerare la falsa rappresentazione della riconducibilità a quest’ultimo delle visite e delle conseguenti prescrizioni. La pronuncia in parola sottolineava che, in tal caso, non è prospettabile l’innocuità del falso, considerata la funzione di attestati degli atti, la quale comprende anche i necessari presupposti di fatto della realtà documentata, in virtù della quale rileva – nel giudizio sulla concreta offensività della condotta nei confronti del bene della fede pubblica – l’indicazione dell’identità fisica del medico responsabile delle prescrizioni, avuto anche • riguardo ad eventuali contestazioni in ordine all’operato del sanitario (Sez. 5, n. 48803 del 09/10/2013, Rv. 257552): si tratta, all’evidenza, di principi applicabili anche al caso in cui entrambi i medici siano convenzionati con la ASL, atteso che anche in tal caso l’identità fisica del medico responsabile delle prescrizioni rileva quantomeno per l’eventualità che si verifichino sempre possibili contestazioni in ordine all’operato del sanitario.
Riguardo al reato di truffa, poi, la Corte ha già avuto modo di rilevare, infatti, proprio con riferimento ad un caso riguardante due fratelli medici, uno dei quali sostituiva l’altro nell’attività di medico di base, “come ai fini della configurazione del danno non rilevi il carattere necessitato della prestazione patrimoniale da parte del soggetto passivo, ma la legittimità della sua erogazione proprio all’autore dell’induzione in errore. In sostanza la presenza di una controprestazione fornita da un soggetto diverso rispetto all’obbligato non può essere indifferente rispetto alla qualità dell’aspettativa riposta dall’Ente pubblico, rispetto alla funzionalità del servizio, la cui efficienza va considerata nella complessa struttura operativa organizzata per l’erogazione del servizio. E di cui il “medico persona fisica”, in questo caso, è parte essenziale” (sez. 2 n. 1781 del 18/9/2013).