Corte di Cassazione, SS.UU., sentenza n. 12568 del 22 maggio 2018
Statuivano i giudici di merito che, sebbene il periodo di comporto in realtà non risultasse esaurito alla data di intimazione del licenziamento, nondimeno il recesso fosse da considerarsi non già invalido, bensì meramente inefficace fino all’ultimo giorno di malattia, vale a dire fino al 27.7.04, data in cui il periodo massimo di comporto risultava ormai scaduto. Aggiungevano a tal fine che era irrilevante che il lavoratore si fosse presentato in azienda per riprendere servizio nei giorni 14, 15 e 16 luglio 2004, non essendo in possesso d’un certificato medico che ne attestasse la guarigione.
Invece, il massimo consesso della Suprema Corte ha stabilito che Il licenziamento intimato per il perdurare delle assenze per malattia od infortunio del lavoratore, ma prima del superamento del periodo massimo di comporto fissato dalla contrattazione collettiva o, in difetto, dagli usi o secondo equità, è nullo per violazione della norma imperativa di cui all’art. 2110, comma 2, cod. civ.