Lo ha stabilito, con la sentenza n. 107 del 25 maggio 2018, la Corte costituzionale.
Il legislatore regionale aveva configurato come titolo preferenziale per l’iscrizione dei bambini al nido pubblico la residenza ininterrotta (o l’attività lavorativa, anche non continuativa) per 15 anni in regione.
Questa previsione, secondo la Corte costituzionale, contrasta con il principio di uguaglianza, poiché introduce un criterio irragionevole per l’attribuzione del beneficio, non essendovi alcuna “ragionevole correlazione” tra la residenza prolungata e le situazioni di bisogno o di disagio. La norma contrasta inoltre con la funzione educativa a vantaggio dei bambini dell’asilo nido e con quella socio-assistenziale a vantaggio dei genitori privi dei mezzi economici per pagare l’asilo privato.
Nella sentenza si legge, tra l’altro, che “la configurazione della residenza protratta come titolo di precedenza, anche rispetto alle famiglie economicamente deboli, si pone in frontale contrasto con la vocazione sociale degli asili nido”, servizio che “risponde direttamente alla finalità di uguaglianza sostanziale fissata dall’articolo 3, secondo comma, della Costituzione, in quanto consente ai genitori (in particolare alle madri) privi di adeguati mezzi economici di svolgere un’attività lavorativa”.