E’ rivelazione di segreto d’ufficio, non truffa, rivelare in anticipo le prove di esame, anche senza vantaggio economico

Corte di Cassazione Penale, sentenza n. 22973 dep. 22 maggio 2018

A parte la chiara dizione della norma (art. 326, comma 3 cod. pen.) – che sanziona penalmente la condotta del pubblico ufficiale che, per procurare a sé o ad altri un indebito profitto patrimoniale, si avvale illegittimamente di notizie di ufficio, le quali debbano rimanere segrete – dall’attività investigativa sintetizzata nell’ordinanza impugnata emerge la complicità del presidente della commissione del concorso pubblico con il direttore generale della società pubblica che aveva bandito il concorso per consentire ad un candidato di conoscere preventivamente i contenuti della prova concorsuale e di ottenere l’assunzione a tempo indeterminato presso la suddetta società a seguito della collocazione al primo posto della graduatoria. La giurisprudenza di questa Corte è costante nell’affermare che: a) la disposizione dell’art. 326 c.p., quale risulta a seguito della modificazione operata con L. n. 86 del 1990, pone ad oggetto, nel primo comma, la rivelazione della notizia e, nel comma 3, l’avvalersi della notizia stessa; b) il coordinamento delle due previsioni porta a concludere, e per motivi letterali (rivela – si avvale) e per motivi sistematici (concorso con la corruzione) e per motivi teleologici (superfluità altrimenti della previsione del terzo comma), nel senso che la condotta del pubblico ufficiale che riveli un segreto di ufficio è esaustivamente prevista nel primo comma, applicabile anche se tale rivelazione è fatta per fini di utilità patrimoniale in adempimento di una promessa corruttiva, concorrendo in questo caso la corruzione con il delitto di cui alla disposizione in esame; c) la fattispecie contemplata dal terzo comma riguarda invece l’illegittimo avvalersi da parte del pubblico ufficiale, che lo sfrutti per profitto patrimoniale o non patrimoniale, non del valore economico eventualmente derivante dalla rivelazione del segreto, ma proprio del contenuto economico o morale in sé delle informazioni che devono rimanere segrete (di recente, Cass. sez. 6, sent. n. 9409 del 09/12/2015 – dep. 07/03/2016 – Rv. 267273; Sez. 6, n. 37559 del 27/09/2007, Rv. 237447; Sez. 1, n. 39514 del 03/10/2007, Rv. 237747).

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