Corte di Cassazione Penale, sentenza n. 24670 dep il 31 maggio 2018
Il Tribunale di primo grado aveva respinto l’opposizione della banca avverso il provvedimento di esclusione del giudice delegato ritenendo giustificata, in particolare, la ritenuta non insinuabilità del credito, non avendo l’istante assolto l’onere probatorio in merito alla buona fede del mutuante sulla strumentalità del credito all’attività illecita o a quella che ne costituisce il frutto o il reimpiego, avendo svolto all’atto della concessione del finanziamento una istruttoria solo formale e comunque lacunosa, essendo stati omessi adeguati accertamenti sulla situazione reddituale del mutuatario, falsamente rappresentata all’istituto di credito, in presenza di anomalie nella fase successiva alla instaurazione del rapporto bancario.
Non è oggetto di contestazione la strumentalità del credito rispetto all’attività criminosa del mutuatario, risultando dal provvedimento impugnato che il mutuo è stato parzialmente – rimborsato mediante risorse di origine illecita, in considerazione dell’assenza di qualsivoglia lecita fonte di reddito e della comprovata dedizione del X, sin dal 2003 ed in coincidenza temporale con l’instaurazione del rapporto con Veneto Banca S.p.a., ad attività, tra l’altro, di narcotraffico, anche internazionale, come accertato nel procedimento di prevenzione, e non avendo svolto sul punto il ricorrente alcuna censura. Trattasi, dunque, di vincolo di strumentalità passivo, nel senso che il contratto di mutuo costituisce mezzo di (auto)riciclaggio, laddove, invece, il nesso di strumentalità attivo postula la destinazione del finanziamento alla consumazione di attività criminosa.
Il ricorso si incentra, invece, sull’opponibilità della confisca al terzo di buona fede e, dunque, sull’ammissibilità del credito derivante da mutuo nella procedura di prevenzione patrimoniale di verifica ex art. 52 d. Igs. 159/2011. Ed in tal senso rileva la buona fede del terzo creditore assistito da ipoteca, iscritta sul bene assoggettato a confisca anteriormente al sequestro, in quanto questa costituisce condizione necessaria per l’opponibilità del diritto reale di garanzia al provvedimento ablatorio solo nell’ipotesi in cui l’erogazione del credito sia stata – come nella specie – oggettivamente funzionale all’attività illecita del prevenuto (Sez. 5, Sentenza n.46711 del 03/10/2016, Banca Del Lavoro Del Piccolo Risparmio S.p.a. Gruppo Popolare Pugliese, Rv. 268418).
Secondo il consolidato insegnamento di legittimità, ai fini dell’opponibilità del diritto di garanzia reale su bene oggetto del provvedimento di confisca di prevenzione, non è sufficiente che l’ipoteca sia stata costituita mediante iscrizione nei registri immobiliari in data antecedente al sequestro o al provvedimento ablativo, ma è richiesta l’inderogabile condizione della buona fede e dell’affidamento incolpevole del creditore ipotecario, da desumersi sulla base di elementi il cui onere di dimostrazione grava sul medesimo creditore (ex multis Sez. 1, n. 8015 del 6 febbraio 2007, Servizi Immobiliari Banche S.i.b. S.p.a., Rv. 236364; Sez. 1, n. 30326 del 29 aprile 2011, Mps Gestione Crediti Banca S.p.a. e altri, Rv. 250910, Sez. 1, n. 44515 del 27 aprile 2012, Intesa San Paolo S.p.a. e altri, Rv. 253827; cfr. Corte Cost. sent. n. 1/1997).