Non è whistleblower chi agisce a tutela dei propri diritti di lavoratore

TAR Campania, sentenza n. 3880 del 8 giugno 2018

Ad avviso del Collegio la fattispecie all’esame non è riconducibile alla normativa dell’articolo 54-bis citata; la disposizione in questione infatti si riferisce ad una fattispecie diversa che è quella del dipendente pubblico che, essendo venuto a conoscenza per ragioni di ufficio della commissione di illeciti da parte di altri dipendenti, pur essendo esposto al rischio di possibili ritorsioni, si risolva a segnalare tali illeciti “nell’interesse dell’integrità della pubblica amministrazione” denunciandoli al responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza … ovvero all’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC), o …all’autorità giudiziaria ordinaria o a quella contabile. In tale caso il dipendente (cd. whistleblower) è tutelato dalla norma dell’articolo 54-bis da ritorsioni, in primo luogo garantendo il suo anonimato e (tra l’altro) sottraendo ad accesso la segnalazione dell’illecito. Nel caso all’esame, la signora-OMISSIS-con il suo esposto – che oltretutto non è stato inviato ad alcuna delle autorità indicate nell’articolo 54-bis – non ha agito a tutela dell’interesse all’integrità della pubblica amministrazione ma a tutela dei diritti nascenti dal proprio rapporto di lavoro asseritamente lesi dalla ricorrente nel contesto di una annosa situazione di contrasto che la vede opposta a quest’ultima; in sostanza l’esposto in questione si inserisce in una “ordinaria” controversia di lavoro; se ogni denuncia di violazione dei diritti di lavoratori scaturita da situazioni di conflitto con i superiori fosse ascritta alla fattispecie del whistleblowing (che nasce, anche storicamente, da esigenze di contrasto di fenomeni corruttivi) e di conseguenza i relativi atti fossero sottratti ad accesso ne deriverebbe una irragionevole compressione del diritto di accesso ai documenti che costituisce “principio generale dell’attività amministrativa”.

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