Corte di Cassazione, SS.UU., sentenza n. 17188 del 28 giugno 2018
Ritengono le Sezioni Unite di dover compiere alcune precisazioni in ordine alla vicenda oggi in esame, alla luce della sentenza n. 26806 del 2009.
Quella sentenza ha affermato che spetta al giudice ordinario la giurisdizione in ordine all’azione di risarcimento dei danni subiti da una società a partecipazione pubblica per effetto di condotte illecite degli amministratori o dei dipendenti, non essendo in tal caso configurabile, avuto riguardo all’autonoma personalità giuridica della società, né un rapporto di servizio tra l’agente e l’ente pubblico titolare della partecipazione, né un danno direttamente arrecato allo Stato o ad altro ente pubblico, idonei a radicare la giurisdizione della Corte dei conti.
Nel contempo, la sentenza ha riconosciuto che sussiste invece la giurisdizione della Corte dei conti quando l’azione di responsabilità trovi fondamento nel comportamento di chi, quale rappresentante dell’ente partecipante o comunque titolare del potere di decidere per esso, abbia colpevolmente trascurato di esercitare i propri diritti di socio, in tal modo pregiudicando il valore della partecipazione, ovvero in comportamenti degli amministratori o dei sindaci tali da compromettere la ragione stessa della partecipazione sociale dell’ente pubblico, strumentale al perseguimento di finalità pubbliche ed implicante l’impiego di risorse pubbliche, o da arrecare direttamente pregiudizio al suo patrimonio. La pronuncia qui richiamata ha preso le mosse dalla distinzione «tra la responsabilità in cui gli organi sociali possono incorrere nei confronti della società (prevista e disciplinata, per le società azionarie, dagli artt. 2393 e segg. e, per le società a responsabilità limitata, dall’art. 2476 c.c., commi 1, 3, 4 e 5) e la responsabilità che essi possono assumere direttamente nei confronti di singoli soci o Ric. 2016 n. 14445 sez. SU – ud. 10-04-2018 -18- terzi (prevista e disciplinata, per le società azionarie, dall’art. 2395 c.c., per le società a responsabilità limitata, dal cit. art. 2476 c.c., comma 6)»; ed ha chiarito che in questa seconda ipotesi sussiste la giurisdizione contabile, «tesa a far valere la responsabilità dell’amministratore o del componente di organi di controllo della società partecipata dall’ente pubblico quando questo sia stato direttamente danneggiato dall’azione illegittima» (classico caso è quello del danno all’immagine).
La sentenza, poi, ha riconosciuto la sussistenza della giurisdizione contabile anche in una seconda, diversa situazione. Partendo dal dato pacifico che il socio pubblico è, di regola, in condizione di tutelare da solo i propri interessi all’interno della società, la sentenza ha osservato che l’inerzia di tale socio può determinare «un pregiudizio derivante dalla perdita di valore della partecipazione», ed ha precisato che in simile ipotesi è configurabile l’azione del procuratore contabile per danno erariale, ma non nei confronti dell’amministratore della società partecipata, «bensì nei confronti di chi, quale rappresentante dell’ente partecipante o comunque titolare del potere di decidere per esso, abbia colpevolmente trascurato di esercitare i propri diritti di socio ed abbia perciò pregiudicato il valore della partecipazione».
La costruzione operata dalla sentenza ora richiamata è stata ribadita in numerose pronunce successive (v., di recente, le sentenze Ric. 2016 n. 14445 sez. SU – ud. 10-04-2018 -19- 27 ottobre 2016, n. 21692, 8 maggio 2017, n. 11139, e 20 marzo 2018, n. 6929) ed è stata, in sostanza, recepita anche a livello legislativo dall’art. 12, comma 2, del d.lgs. n. 175 del 2016, secondo cui costituisce «danno erariale il danno, patrimoniale o non patrimoniale, subito dagli enti partecipanti, ivi compreso il danno conseguente alla condotta dei rappresentanti degli enti pubblici partecipanti o comunque dei titolari del potere di decidere per essi, che, nell’esercizio dei propri diritti di socio, abbiano con dolo o colpa grave pregiudicato il valore della partecipazione».
Alla luce di tutto quanto detto, la soluzione del caso in esame è agevole. Nella vicenda non sussisteva la giurisdizione della Corte dei conti; il che comporta che la sentenza impugnata deve essere cassata senza rinvio. Rimane fermo, peraltro, che in riferimento alla posizione di Antonio Ingroia, che è l’unico tra i soggetti convenuti in giudizio a rivestire un ruolo nell’ambito della società SIeSE, spetterà alla medesima valutare se vi siano gli estremi per promuovere l’azione di responsabilità, ai sensi dell’art. 2393 cod. civ., davanti al giudice ordinario