TAR Lazio, sentenza n. 7130 del 26 giugno 2018
Deve ritenersi pacifico che il ricordato articolo 80 del d.lgs. n. 50 del 2016 contenga un elenco non tassativo delle cause di esclusione e che permangano margini di discrezionalità della stazione appaltante nel valutare circostanze, tali da inficiare l’affidabilità di un partecipante alla gara (cfr. Cons. Stato, sez. V, 27 aprile 2017, n. 1955).
Sembra appena il caso di sottolineare, peraltro, come all’accelerazione imposta al giudizio amministrativo, per la fase di aggiudicazione di un contratto ad evidenza pubblica, non corrisponda analoga accelerazione del giudizio civile, per l’esecuzione del contratto stesso, di modo che l’applicazione dell’art. 80 del Codice sarebbe in effetti paralizzata, se dovesse necessariamente attendersi l’esito del giudizio, avviato per una precedente risoluzione (nella situazione in esame, detto giudizio appare incardinato nel 2015, con prossima udienza a settembre 2019).
E’ dunque ragionevole ritenere che la risoluzione non contestata – o confermata in sede giudiziaria – possa di per sé costituire causa di esclusione da nuove gare, senza però che la pendenza della causa civile precluda esclusioni discrezionalmente disposte dalla stazione appaltante, ove adeguatamente motivate.
Nella situazione in esame, RFI ha puntualmente specificato le circostanze, da cui fa derivare la propria valutazione di inaffidabilità, essendo stata verificata – al momento della risoluzione del precedente contratto – l’assenza per la ricorrente delle autorizzazioni per l’attività di recupero di rifiuti, per intervenuta scadenza di quelle precedenti il 21 febbraio 2012. A tale riguardo, inoltre, risultava prodotta da X, a seguito di richiesta di chiarimenti, una determina dirigenziale di rinnovo della Provincia di Bari (n. 7609 del 23 ottobre 2014): determina che si afferma espressamente disconosciuta dall’amministrazione competente, senza che agli atti del presente giudizio risulti una puntuale smentita di controparte. E’ a tali gravi circostanze di fatto che deve, quindi, ricondursi l’esclusione, indipendentemente dal contenuto e dall’esito del giudizio civile. Sulle medesime circostanze, infatti, mancano adeguate controdeduzioni di Metalfer, che si limita a sottolineare l’attuale possesso delle autorizzazioni stesse, senza alcuna argomentazione difensiva, atta a confutare l’avvenuta, benchè pregressa, produzione di una falsa attestazione, di per sé idonea a configurare illecito professionale, in grado di incidere sull’integrità o affidabilità dell’impresa.