Ai fini dell’imposta di registro, è “scambio di corrispondenza” se vi sono più documenti, anche se non sono stati spediti

Corte di Cassazione, sentenza n. 19799 del 26 luglio 2018

La Corte ha già avuto modo di affermare che «ai fini dell’imposta di registro, il contratto stipulato per corrispondenza si distingue dal contratto stipulato per scrittura privata non autenticata per il fatto che nel secondo caso vi è un solo documento nel quale risultano formalizzate le volontà di tutti i contraenti e le loro sottoscrizioni, mentre, se si tratta di “corrispondenza”, in ogni documento è raccolta la volontà unilaterale di un solo contraente» (Cass. n. 30179 del 2017, in motivazione), con la conseguenza che per aversi il cosiddetto ” scambio di corrispondenza commerciale” — soggetto a registrazione e, quindi, al pagamento dell’imposta proporzionale di registro solo in caso d’uso e non in termine fisso (entro venti giorni), scontando l’imposta proporzionale nella misura del 3%, in base all’art. 9, Tariffa, Parte Prima, allegato A, del d.P.R. n. 131 del 1986, riferito a tutti gli “atti diversi da quelli altrove indicati aventi oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale” — non è necessario che il «rapporto epistolare» si attui esclusivamente mediante «lettere spedite e ricevute» (come si legge negli avvisi di accertamento riprodotti nel ricorso), perché a tale modalità va equiparata quoad effectum anche lo scambio delle dichiarazioni unilaterali effettuato brevi manu; il che rende del tutto irrilevante, per un verso, la mancanza della «prova dell’avvenuta trasmissione tra le parti» di quelli che la stessa amministrazione finanziaria ammette trattarsi di «documenti […1 redatti in forma di lettera commerciale come proposta e accettazione» e, per altro verso, la circostanza che le società abbiano la stessa sede sociale; al riguardo è appena il caso di rilevare che l’Ufficio finanziario avrebbe potuto addurre le medesime argomentazioni nell’ipotesi inversa, ovvero di comprovata spedizione delle lettere contenenti la proposta e l’accettazione del finanziamento, perché anche in tal caso, l’identità di sede sociale e di legale rappresentante delle società interessate avrebbero consentito, secondo la tesi prospettata dalla ricorrente, di far comunque «supporre che le parti abbiano scientemente predisposto i documenti con l’apparente forma del contratto formato per corrispondenza per sottrarsi all’obbligo della registrazione» (così negli avvisi di accertamento); — in estrema sintesi, il ricorso va rigettato e le spese

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