TAR Lazio, sentenza n. 8303 del 23 luglio 2018
Per quanto il testo normativo non richieda l’esplicitazione della motivazione della richiesta di accesso, deve intendersi implicita la rispondenza della stessa al soddisfacimento di un interesse che presenti una “valenza pubblica” e non resti confinato ad un bisogno conoscitivo esclusivamente privato e individuale, che, lungi dal favorire la consapevole partecipazione del cittadino al dibattito pubblico, rischierebbe di compromettere le stesse istanze alla base dell’introduzione dell’istituto, facendone un mero “doppione” di quello ex l n. 241/90 (TAR Lazio, Sez. I, 8.3.18, n. 2628).
Ne consegue che non è possibile presentare generica istanza di accesso contemporaneamente, sulla medesima documentazione, ex l. n. 241/90 e ex d.lgs. n. 33/2013, come operato dalla ricorrente.
E’ stato infatti riconosciuto che l’accesso agli atti di cui alla l. n. 241 del 1990 continua certamente a sussistere, ma parallelamente all’accesso civico (generalizzato e non), operando sulla base di norme e presupposti diversi; tenere distinte le due fattispecie è essenziale per calibrare i diversi interessi in gioco, allorché si renda necessario un bilanciamento, caso per caso, tra tali interessi. Tale bilanciamento è, infatti, ben diverso nel caso dell’accesso ex l. n. 241 del 1990, dove la tutela può consentire un accesso più in profondità a documenti pertinenti, e nel caso dell’accesso generalizzato, dove le esigenze di controllo diffuso del cittadino devono consentire un accesso meno in profondità, se del caso, ma più esteso, avendo presente che l’accesso in questo caso comporta, di fatto, una larga conoscibilità e diffusione di dati, documenti e informazioni obbligatoriamente pubblicabili (Tar Lazio, Sez. III, 21.3.17, n. 3742).
Ne consegue che nel caso di specie, laddove l’accesso ex art. 22 e ss. l. n. 241/90 non è consentibile – come nel caso di specie per genericità della documentazione indicata e relativamente ad atti di pianificazione e programmazione relativo alle piante organiche, per i quali la ricorrente non ha neanche specificato il suo interesse personale alla ostensione, – non può essere in via subordinata riconosciuto neanch quello ex artt. 5 e ss. d.lgs. n. 33/2013, che opera solo nell’ipotesi in cui la relativa documentazione richiesta sia orientata al soddisfacimento di un interesse che presenti una “valenza pubblica” e non resti confinato ad un bisogno conoscitivo esclusivamente privato e individuale, come invece è quello della ricorrente in ordine alla sua personale scelta della sede di lavoro.