Corte di Cassazione, sentenza n. 21679 del 5 settembre 2018
E’ pur vero che, per costante giurisprudenza di questa Corte Suprema, proprio perché quella di giusta causa o giustificato motivo è una nozione legale, le eventuali difformi previsioni della contrattazione collettiva non vincolano il giudice di merito. Egli -anzi- ha il dovere, in primo luogo, di controllare la rispondenza delle pattuizioni collettive al disposto dell’art. 2106 cc e rilevare la nullità di quelle che prevedono come giusta causa o giustificato motivo di licenziamento condotte per loro natura assoggettabili, ex art. 2106 cc, solo ad eventuali sanzioni conservative. Ma ciò non gli consente di fare l’inverso, cioè di estendere il catalogo delle giuste cause o dei giustificati motivi soggettivi di licenziamento oltre quanto stabilito dall’autonomia delle parti (cfr. ex aliis Cass. N. 11027/2017; Cass. N. 9223/2015; Cass. N. 13353/2011; Cass. N. 19053/1995; Cass. N. 1173/1996), nel senso che condotte pur astrattamente ed eventualmente suscettibili di integrare giusta causa o giustificato motivo soggettivo ai sensi di legge non possono rientrare nel relativo novero se l’autonomia collettiva le ha espressamente escluse, prevedendo per esse, con clausola migliorativa per il lavoratore, sanzioni meramente conservative.
Orbene, nella fattispecie in esame, deve darsi atto che la Corte di merito -con adeguata motivazione- ha proceduto ad analizzare compiutamente l’episodio sia sul piano fattuale che circostanziale, specificando che il fatto contestato (detenzione di gr.25 di hashish, non a fini di spaccio, durante la “pausa pranzo” al di fuori del luogo di lavoro ma con rientro verso lo stesso) avesse un suo incontestabile rilievo disciplinare, ma non tale da legittimare una risoluzione in tronco del rapporto. In particolare, i giudici del merito hanno valutato il carattere extra-lavorativo della condotta, sia pur con la particolarità del caso concreto che prevedeva il rientro nello stabilimento; hanno precisato con argomentazioni congrue ed esenti da critiche che l’episodio in questione potesse essere comparato a quello del rinvenimento del dipendente trovato in stato di manifesta ubriachezza durante l’orario di lavoro, sanzionato con una misura conservativa; hanno escluso, per l’insieme delle specifiche circostanze oggettive e soggettive che avevano caratterizzato l’episodio, che il vincolo fiduciario fosse irrimediabilmente compromesso per la assenza di potenziale pregiudizialità derivante al datore di lavoro dal comportamento del dipendente.
La suddetta valutazione è corretta giuridicamente, alla stregua dei principi sopra evidenziati in tema di sindacato di legittimità sulla giusta causa, ed è condivisibile e completa logicamente.