Corte di Cassazione Penale, sentenza n. 38997 del 27 agosto 2018
L’abitualità non coincide con l’istituto della continuazione e con questo non può essere confusa. La continuazione, infatti, non implica necessariamente l’abitualità, cioè la ripetitività di un comportamento ovvero la reiterazione di una medesima condotta quanto, piuttosto, determina l’unificazione dei fatti in virtù del medesimo disegno criminoso cui segue un unico giudizio di disvalore in quanto il soggetto, in sostanza, commette più reati per commetterne uno soltanto.
Al reato continuato, quindi, può essere applicata la causa di esclusione della punibilità nei casi in cui emerga una unitaria e circoscritta deliberazione criminosa, incompatibile con l’abitualità presa in considerazione in negativo dall’art. 131-bis cod. pen. (Sez. 2, n. 9495 del 07/02/2018, Grasso, Rv 27252301; Sez. 5, n. 5358 del 15/01/2018, Corradini, Rv 27210901).
In tutti gli altri casi, in cui la condotta complessivamente posta in essere evidenzi un comportamento abituale deviante, d’altro canto, la causa di esclusione della punibilità non può essere applicata (Sez. 1, n. 55450 del 24/10/2017, Greco, Rv 271904; Sez. 2, Sentenza n. 28341 del 05/04/2017, Modou, Rv. 271001). Nel caso di specie la Corte, con motivazione insindacabile, ha evidenziato che il medico aveva posto in essere un modus operandi “abituale” che costituiva un vero e proprio stile di vita e, sotto tale profilo, il mancato riconoscimento della causa di esclusione della punibilità ex art. 131-bis cod. pen. è corretta e coerente applicazione della giurisprudenza di legittimità sul punto (cfr. in specifico Sez. 3, Sentenza n. 30134 del 05/04/2017, Dentice, Rv 270255).