Illeciti professionali: si può escludere l’impresa se vi è stato un primo vaglio giurisdizionale (anche in sede cautelare).

Consiglio di Stato, parere 13 novembre 2018, n. 2616

Questa soluzione, in conclusione, rappresenta un ragionevole punto di equilibrio tra l’esigenza degli operatori economici di evitare esclusioni basate esclusivamente su atti unilaterali privi di fondamento delle stazioni appaltanti e quella delle stazioni appaltanti di non vedere sostanzialmente vanificata la causa di esclusione sulla base della sola contestazione (anch’essa non meno unilaterale e priva di fondamento) dell’operatore economico: l’uno (l’operatore economico) potrà contestare in giudizio l’accertamento dell’illecito escludente; l’altra (la stazione appaltante) non dovrà aspettare i tempi spesso non brevi della formazione di un giudicato sulla contestazione, potendo procedere esecutivamente all’esclusione sulla base anche di un primo vaglio giurisdizionale (anche solo in primo grado e anche solo in sede cautelare) che non inibisca l’esecutività del provvedimento. Ciò che è necessario e dirimente è che sia data la possibilità, da un lato, all’operatore economico diligente, che subisca un accertamento di grave illecito escludente, di adire un giudice terzo e imparziale che effettui un primo, anche minimo vaglio di legittimità e di non infondatezza dell’accertamento, e che, dall’altro lato, non si costringa l’amministrazione ad attendere i tempi lunghi del giudicato sulla contestazione, ciò che ne paralizzerebbe l’azione efficiente ed efficace, così prevenendosi anche possibili tattiche dilatorie nel processo.
Nel senso della rilevanza di un accertamento (anche se) non ancora definitivo del grave illecito professionale, come, del resto, nel senso della natura solo esemplificativa e non tassativa della casistica contenuta nella seconda parte della lettera c) del comma 5 dell’art. 80 in esame, si dirige da ultimo la giurisprudenza di questo Consiglio in sede giurisdizionale (sentenze della sez. V 11 giugno 2018, n. 3592 e 24 settembre 2018, n. 5500, sentenza del CGA 30 aprile 2018, n. 252), che ha affermato che «sussiste in capo alla stazione appaltante un potere di apprezzamento discrezionale in ordine alla sussistenza dei requisiti di “integrità o affidabilità” dei concorrenti», ragion per cui «costoro, al fine di rendere possibile il corretto esercizio di tale potere, sono tenuti a dichiarare qualunque circostanza che possa ragionevolmente avere influenza sul processo valutativo demandato all’Amministrazione» e «a segnalare tutti i fatti della propria vita professionale potenzialmente rilevanti per il giudizio della stazione appaltante in ordine alla sua affidabilità quale futuro contraente, a prescindere da considerazioni su fondatezza, gravità e pertinenza di tali episodi». Si tratta, del resto, di previsioni che costituiscono espressione degli «immanenti principi di lealtà e affidabilità professionale dell’aspirante contraente che presiedono in genere ai contratti e in specifico modo – per ragioni inerenti alle finalità pubbliche dell’appalto e dunque a tutela di economia e qualità della realizzazione – alla formazione dei contratti pubblici e agli inerenti rapporti con la stazione appaltante (cfr. Cons. Stato, V, 26 luglio 2016, n. 3375)». Si sottolinea, inoltre, come laddove l’accertamento dell’illecito professionale sia ancora sub judice, sulla stazione appaltante incomberà un obbligo di prova e di motivazione più rigoroso (cfr. Cga, 252/2018 cit.).

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