Agenzia delle Entrate, risposta agli interpelli n. 37/2019
Il Ministero istante conferisce o designa il proprio personale, anche dirigenziale, per lo svolgimento di incarichi aggiuntivi, in particolare per collaudo tecnico amministrativo, presso enti vari.
Tutti gli enti, nel caso in cui il personale incaricato o designato rivesta la qualifica dirigenziale, provvede, come previsto dall’art. 24 del decreto legislativo n. 165 del 2001, a versare in appositi capitoli in conto entrata dello Stato, l’importo del compenso per l’incarico svolto dal dirigente, al lordo fiscale e previdenziale.
L’Amministrazione istante procede poi ad erogare al dirigente che ha svolto il relativo incarico il 50 per cento dell’importo affluito al capitolo di entrata, mentre il restante 50 per cento incrementa il fondo per la retribuzione di posizione e di risultato che viene, successivamente, erogato agli altri dirigenti, compreso quello che ha svolto l’incarico, quale incremento della retribuzione di risultato.
Gli organismi presso cui i dipendenti del dicastero istante effettuano le prestazioni, versano gli importi al lordo previdenziale e fiscale, con l’eccezione di un ente che, invece, sostiene il proprio convincimento asserendo che il compenso spettante ai dirigenti non debba essere assoggettato né ad imposizione fiscale né previdenziale.
A sostegno del proprio convincimento, così motivando il rifiuto a versare in particolare gli oneri previdenziali, disattendendo così le indicazioni impartite dall’Amministrazione istante, menziona il punto 5 della circolare INPS n. 6 del 2014.
Con l’istanza di interpello in esame, si chiede quale sia il corretto trattamento fiscale e previdenziale dei compensi erogati ai propri dirigenti per l’attività di collaudo Tecnico Amministrativo svolto in favore di determinati enti.
Parere dell’agenzia delle entrate
Nel merito, si osserva che ai sensi dell’articolo 51, comma 1, del TUIR, costituiscono reddito di lavoro dipendente “tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro.” (cd. principio di onnicomprensività).
Ai sensi dell’articolo 50, comma 1, lett. b), del TUIR costituiscono, invece, reddito assimilato a quello di lavoro dipendente “le indennità e i compensi percepiti a carico di terzi dai prestatori di lavoro dipendente per incarichi svolti in relazione a tale qualità, ad esclusione di quelli che per clausola contrattuale devono essere riversati al datore di lavoro e di quelli che per legge devono essere riversati allo Stato;”.
Nella fattispecie rappresentata, si è dell’avviso che non possa trovare applicazione quest’ultima disposizione, dal momento che i compensi per l’attività di collaudo, seppure versati sul capitolo di entrata del bilancio dello Stato dai medesimi enti in favore dei quali la predetta attività è svolta, sono corrisposti ai dirigenti direttamente dal datore di lavoro.
Ne consegue, pertanto, che su tali compensi, quali reddito di lavoro dipendente per i percipienti, il dicastero istante, soggetto erogante, sarà tenuto ad operare “all’atto del pagamento una ritenuta a titolo di acconto dell’imposta sul reddito delle persone fisiche dovuta dai percipienti, con obbligo di rivalsa”, così come previsto dall’art. 23 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600.