Corte di Cassazione, sentenza n. 3723 del 8 febbraio 2019
E’ appena il caso di rammentare che il pregiudizio da perdita o lesione del rapporto parentale rappresenta una particolare ipotesi di danno non patrimoniale derivante dalla lesione del diritto all’intangibilità deila sfera degli affetti e della reciproca solidarietà nell’ambito della famiglia, all’inviolabilità della libera e piena esplicazione delle attività realizzatrici della persona umana nell’ambito della peculiare formazione sociale costituita dalla famiglia, la cui tutela è ricollegabile agli artt. 2, 29 e 30 Cost..
Come tale esso:
a) è configurabile in caso non solo di perdita (per morte del congiunto) ma anche di mera lesione del rapporto parentale derivante da lesioni invalidanti del prossimo congiunto tali da incidere di riflesso sui diversi interessi predetti (v. ex plurimis Cass. 31/05/2003, n. 8827; 20/08/2015, n. 16992; 28/09/2018, n. 23469);
b) non diversamente che per tutti gli altri danni alla persona conseguenti alla lesione di un valore/interesse costituzionalmente protetto (Cass. nn. 8827-8828 del 2003; Cass. Sez. U. n. 6572 del 2006; Corte cost. n. 233 del 2003), esso dà diritto al risarcimento, ex art. 2059 cod. civ., di tutte le conseguenze pregiudizievoli che ne derivano sia nella sfera morale del danneggiato — che si collocano nella dimensione del rapporto del soggetto con sé stesso — sia sul piano dinamico-relazionale della sua vita (che si dipanano nell’ambito della relazione del soggetto con la realtà esterna, con tutto ciò che, in altri termini, costituisce «altro da sé»)(v. Cass. 17/01/2018, n. 901; 27/03/2018, n. 7513; n. 23469 del 2018, cit.).
A tali principi si è correttamente conformata la sentenza di merito, avendo adeguatamente tenuto conto di entrambi gli aspetti del danno, sotto il profilo sia della sofferenza interiore che della modifica della vita di relazione.