Corte Costituzionale, sentenza n. 18 dep. 14 febbraio 2019
La tendenza a perpetuare il deficit strutturale nel tempo, attraverso uno stillicidio normativo di rinvii, finisce per paralizzare qualsiasi ragionevole progetto di risanamento, in tal modo entrando in collisione sia con il principio di equità intragenerazionale che intergenerazionale.
L’equità intergenerazionale comporta la necessità di non gravare in modo sproporzionato sulle opportunità di crescita delle generazioni future, garantendo loro risorse sufficienti per un equilibrato sviluppo. È evidente che, nel caso della norma in esame, l’indebitamento e il deficit strutturale operano simbioticamente a favore di un pernicioso allargamento della spesa corrente. E, d’altronde, la regola aurea contenuta nell’art. 119, sesto comma, Cost. dimostra come l’indebitamento debba essere finalizzato e riservato unicamente agli investimenti in modo da determinare un tendenziale equilibrio tra la dimensione dei suoi costi e i benefici recati nel tempo alle collettività amministrate.
Di fronte all’impossibilità di risanare strutturalmente l’ente in disavanzo, la procedura del predissesto non può essere procrastinata in modo irragionevole, dovendosi necessariamente porre una cesura con il passato così da consentire ai nuovi amministratori di svolgere il loro mandato senza gravose “eredità”.
In definitiva, l’art. 1, comma 714, della legge n. 208 del 2015, come sostituito dall’art. 1, comma 434, della legge n. 232 del 2016, ponendosi in contrasto con gli artt. 81 e 97, primo comma, Cost., deve essere dichiarato costituzionalmente illegittimo