Corte di Cassazione, sentenza n. 6353 del 5 marzo 2019
Secondo la giurisprudenza della Suprema Corte la risoluzione facoltativa si traduce in discriminazione vietata tutte le volte che a giustificazione della stessa l’amministrazione procedente abbia posto il solo elemento del raggiungimento dell’anzianità contributiva (Cass. n. 11595 del 2016) senza accertare l’adempimento dell’obbligo di motivare l’esercizio della facoltà prevista dall’art. 72, comma 11, del d.l. n.112 del 2008, conv. con modif. in I. n.133 del 2008, di cui la legge fa carico alle amministrazioni, il quale si giustifica perché “…è attraverso la motivazione che la P.A. esplicita le ragioni organizzative sottese all’adozione dell’atto di risoluzione e lo rende rispondente al pubblico interesse che deve costantemente orientare l’azione amministrativa…” (Cass. n. 24583 de 2017). Con riferimento agli atti successivi all’entrata in vigore dell’art. 16, del d.l. n.98 del 2011, conv. con modif. nella I. n.111 del 2011, il legislatore ha introdotto una deroga all’obbligo di espressa motivazione della facoltà di recesso, ma ha sottoposto lo stesso a due stringenti condizioni: a) che l’atto sia stato preceduto dall’adozione di provvedimenti generali di organizzazione interna (di cui allo stesso art. 16); b) che l’atto contenga l’espresso richiamo ai criteri applicativi della norma, individuati in via preventiva, secondo quanto già le leggi precedenti prevedevano per le sole amministrazioni degli esteri, dell’interno e della difesa in virtù delle peculiarità dei rispettivi ordinamenti.
Nel caso in esame il recesso è stato intimato all’odierno ricorrente in data anteriore all’entrata in vigore della novella del 2011. La pronuncia gravata non si rivela, pertanto, conforme alla disciplina legale e ai principi dettati dalla giurisprudenza di questa Corte, non avendo accertato se l’ente avesse motivato l’atto di recesso unilaterale, ma avendo ritenuto sufficiente a giustificarne la legittimità la mera adozione, da parte del Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture di un atto generale che si limitava a richiamare genericamente gli obiettivi di politica del lavoro e di contenimento della spesa indicati dalla Circolare della Funzione Pubblica applicativa del d.l. n.112 del 2008, conv. nella legge n.133 del 2008, e che non avrebbe potuto ritenersi sufficiente neanche qualora il recesso datoriale fosse stato attuato successivamente all’entrata in vigore del d.l. n.98 del 2011.